mercoledì 31 dicembre 2008

Pietà per i tuoi figli, Signore!

Un anno lungo, difficile, doloroso sta per finire, ma con quale estenuante lentezza!
E c'è chi soffre, chi combatte, muore...Per mano dell'Ingiustizia che ha preso il posto dell'Amore, per mano della Disperazione che ha cancellato ogni Speranza!
Dobbiamo essere UNITI ai nostri fratelli di ogni Fede e Colore, dobbiamo esercitare la Carità. Un grande sacerdote un giorno mi ha spiegato, con poche parole, il significato della Carità:- La carità tutto sopporta, tutto scusa, tutto spera!
Il sacerdote di cui parlo è appena scomparso...io ho nel cuore il suo sorriso, Lui, immagine e testimone di Carità aggiunse poi:- Non lo dico io, l'ha detto S.Paolo!

Da Repubblica.it una notizia che mi ha profondamente rattristato, una tragedia che ci pone troppe domande, che precipita nella disperazione e nel dolore una famiglia alla quale mi sento vicina con tutto il mio essere.

Attendiamo l'Anno Nuovo con un solo augurio, quello di riscoprire il significato di parole come Amore e Fratellanza, le sole che possono dare un senso alla nostra vita!

Diciannove anni, si è gettata dal quarto piano. La madre distrutta: "Stava migliorando"
Era malata da cinque anni. Prima di lanciarsi ha bruciato il suo diario
Roma, studentessa anoressica si uccide
"Troppi pranzi, le feste la angosciavano"
di FEDERICA ANGELI

ROMA - Si è lanciata dalla finestra della sua camera da letto, senza lasciare un biglietto e dopo aver dato fuoco al suo diario segreto. Aveva 19 anni la studentessa romana che ieri pomeriggio ha deciso di togliersi la vita. Da cinque, soffriva di anoressia, una malattia che l'aveva ormai logorata, ma dalla quale, negli ultimi tempi, a quanto dichiarato dai familiari, sembrava potesse uscirne.

La tragedia è avvenuta in un palazzo in via Mosca, quartiere Colombo, periferia sud della capitale, intorno alle 16 di ieri. A notare il volo dal quarto piano dello stabile sono stati alcuni residenti del palazzo e abitanti del quartiere che hanno immediatamente dato l'allarme alla sala operativa della questura. Quando gli agenti del commissariato Tor Carbone sono arrivati sul posto per la giovane non c'era ormai più niente da fare. L'impatto sull'asfalto, da un'altezza di una ventina di metri, è stato fatale. Morta sul colpo.

Era sola la ragazza quando ha deciso di farla finita. Sola con la sua malattia che, sotto le feste, si aggravava. I genitori erano al lavoro e il fratello, un militare, era fuori città. Subito dopo la tragedia la madre, un'impiegata del Comune di Roma, rintracciata dai poliziotti, si è precipitata a casa. Il corpo della figlia era ancora sull'asfalto, in attesa dell'arrivo del medico legale. Dopo essersi ripresa da uno svenimento causato dal terribile shock, la donna è stata accompagnata al commissariato di zona: gli inquirenti, diretti dal vicequestore Roberto Vitanza, hanno cercato nelle parole della madre, spiegazioni per quel gesto.

"Mia figlia era in cura da uno psichiatra da quando aveva 14 anni per via dell'anoressia. Le feste per lei, ogni anno, erano uno scoglio insormontabile, difficile da superare: i pasti luculliani, insieme alla famiglia riunita, le mettevano angoscia - ha raccontato in lacrime la donna ai poliziotti - Ma ultimamente sembrava migliorata, pareva ne stesse uscendo. Stamattina, prima di andare a lavorare, l'ho vista di buon umore, serena, e invece... ".

Invece ieri la tragedia, inaspettata. Senza neanche una riga di commiato né di spiegazione, la ragazza ha aperto la finestra e ha deciso di farla finita. Anche se le cause del folle gesto sono quasi certamente imputabili all'anoressia, sono comunque partite le indagini. Gli investigatori hanno sequestrato il computer della studentessa per cercare eventuali segnali o richieste di aiuto o propositi suicidi.

(31 dicembre 2008)

domenica 28 dicembre 2008

Ricordi in salamoia


Olive verdi in salamoia
Ingredienti
ci serve:
3 kg di olive verdi
chiodi di garofano
scorza di 1/2 limone
per la salamoia:
300 g sale
3 l d'acqua


Procedimento
Buccherellate con uno spillo le olive, mettetele a bagno nell'acqua fredda le olive, lasciatevele per circa 3 giorni in modo che perdano il sapore amaro, cambiando l'acqua almeno 4 volte al giorno. Trascorso questo tempo, scolatele, asciugatele bene con un canovaccio perfettamente pulito e fate bollire nell'apposita pentola i 3 litri d'acqua con i 300 g di sale.
Lasciatela poi raffreddare e nel frattempo disponete nei vasi le olive, aggiungete i chiodi di garofano, la scorza di limone e per ultimo irroratele con la salamoia in modo che ne siano totalmente ricoperte
Chiudete ermeticamente ogni vaso e riponeteli per la conservazione in un luogo buio e fresco per almeno 20 giorni. Va bene anche nel frigorifero.
Al momento di consumare le olive sciacquatele in acqua tiepida, asciugatele e servitele condite con olio di oliva.
Si conservano per diversi mesi.

Ricordi in salamoia

Chi pensa che gli alimenti possano scadere fa bene, e fa bene anche a tener d’occhio le etichette.
In casa mia ogni volta che si consuma qualcosa, dai cibi ai medicinali si verifica la data di scadenza per essere certi che ciò che si ingerisce non possa farci male. E’ così che si fa spazio nella dispensa, fino al giorno in cui si mette ordine davvero con l’eliminazione di ciò che è scaduto, e con l’amara considerazione che siamo comunque vittime consenzienti della logica perversa dell’accumulo, quella che ci fa porre le certezze fuori di noi, visto che dentro…
Ma per i ricordi come funziona? Scadono i ricordi?
In prossimità del Natale, infuriata per lo sfavillio effimero delle strade, per le passatoie rosse e verdi distese dinanzi ai negozi, per la profusione di addobbi dispiegati ogni dove a stupire, rallegrare, invogliare (?) nella vana illusione di
ribadire una “Santa Attesa”, mi sono applicata a riordinare il ripostiglio di casa, col fermo proposito di rinunciare, definitivamente, a tutto il superfluo, un modo come un altro di rassettare la casa, ma anche la vita.
La scatola delle fotografie era sepolta da anni, insieme a utensili, cianfrusaglie ed altro, ed è venuta fuori…
Sono venuti alla luce volti, luoghi, atmosfere:i ricordi.
I ricordi sempreverdi e quelli dimenticati, ognuno con lo sguardo affamato di chi vuole assicurarsi un posto alla mensa della memoria.
E’ come aprire la porta ad un amico e trovarsi di fronte una folla di persone che entrano, comunque, e tu pensi, al momento, solo che la tua casa è piccola…inadeguata.
Le foto, quasi tutte in bianco e nero, sembravano dotate di vita propria, mi scorrevano tra le mani come acqua impetuosa, finché non ho riacquistato con un po’ di fatica il controllo delle emozioni.
Ho accolto così la mia infanzia e riscoperto quella parte di cui non potevo aver memoria perché affidata al racconto dei genitori e dei parenti ormai scomparsi.
Ho ritrovato la mia fanciullezza, con essa i sogni e le speranze di un’estranea che pensava, allora, di avere il mondo in pugno.
Ho respirato, boccheggiando, l’aria di vecchi Natali avvolti da semplici gioie.
Mi sono ritrovata nella veste di sposa e di invitata a diversi matrimoni, in compagnia spesso di sconosciuti, volti dimenticati, con l’inevitabile domanda: -Ma questi chi sono? E l’amara consapevolezza che più nessuno potrà darmi una risposta, per tanti motivi.
Il passato, la mia vita e quella dei miei cari era tutta lì, in una scatola conservata e dimenticata, un prodotto con l’etichetta, ma senza data di scadenza…
I ricordi non “scadono”, semplicemente cambiano un tantino sapore, possono farci sorridere o alimentare la nostalgia e il rimpianto, comunque ci fanno sentire vivi, in grado, ancora, di soffrire e gioire.
Che c’entra la salamoia? E’ un conservante dei tempi andati, innocuo, poco conosciuto, datato, come me.

domenica 21 dicembre 2008

La regina del Natale

Cari amici, all'approssimarsi del Natale voglio farvi giungere i miei auguri più sentiti perchè possiate trascorrere la lieta ricorrenza con i vostri cari, avvolti dalla Luce della speranza e dal Calore degli affetti più vicini al vostro cuore!

...LA REGINA DEL NATALE...

Da diversi anni si è diffusa la consuetudine di regalare per Natale una deliziosa pianta di origine esotica, l' Euphorbia Pulcherrima, meglio conosciuta come stella di Natale. Le sue brattee a raggiera si colorano a poco a poco di rosso vivo fino a raggiungere una tonalità accesa proprio nel periodo natalizio. Questo aspetto la rende perfetta per ricordare la rinascita solstiziale di quel fuoco che simboleggia il fondamento e l'origine del visibile.

STORIA
La pianta fu scoperta fin dal 1520 dagli Spagnoli di Cortés: giunti a Tenochtilan, notarono delle canoe che, attraversando la laguna, portavano tra i frutti ed i fiori destinati a Muntezuma anche la stella di Natale. Tuttavia i conquistatori non la trasferirono in Europa. Soltanto nel 1825 l'ambasciatore degli Stati Uniti in Messico, Joel Robert Poinsett, colpito dalla sua estrema bellezza, ne portò alcuni esemplari nella sua dimora, in Carolina, per iniziare a coltivarli: sicchè in suo onore i botanici la battezzaro Poinsettia Pulcherrima. Nel nostro secolo, in America, si è sviluppata l'idea di regalarla per Natale insieme con il Vischio e l'Agrifoglio. Come tutte le mode oltreoceano, la Stella di Natale è giunta negli ultimi due decenni anche in Italia, e ora la si coltiva intensamente in Sicilia dove ha trovato un clima estremamente favorevole.

DESRIZIONE
Al genere vastissimo delle Euphorbiacee, comprendente piante di morfologia diversa, appartiene la nostra Euphorbia Pulcherrima. Tale pianta selvatica in natura può raggingere anche notevoli dimensioni, per la precisione può arrivare anche ai 4 metri di altezza. E' una specie originaria del Messico. Questa graziosa pianta può vivere in esterno dove il clima è temperato caldo, nelle zone dal clima più freddo necessita di vivere al chiuso. La splendida fioritura avviene durante i mesi invernali; la parte maggiormente decorativa della pianta è costituita dalle brattee di forma ovale-lanceolata, che possono assumere diverse tonalità di colore: rosse, bianche, gialle, rosate. Il vero fiore, denominato Ciazio, è di colore giallo e di dimensioni minuscole.

La scheda è tratta dal sito:http//leserre.it

venerdì 19 dicembre 2008

I Diritti dei migranti


Ieri si é celebrata la "Giornata internazionale dei diritti dei migranti",l'ho appreso da un breve articolo riportato dal quotidiano Repubblica e lo trasmetto nella speranza che possa essere oggetto di riflessione per chi, come me, si sente disgustato dai recenti avvenimenti di Casa Nostra al punto di non avere voglia di fare alcun commento...


I diritti dei migranti
Repubblica — 18 dicembre 2008 pagina 29 sezione: COMMENTI

La migrazione internazionale è una caratteristica peculiare del mondo contemporaneo. In ogni parte del pianeta ci sono persone letteralmente spinte oltre i confini del proprio paese da conflitti armati e catastrofi naturali, attratte da altri paesi per le prospettive di maggior sicurezza e per le migliori opportunità. In poche altre epoche della storia così tanta gente è stata in movimento da un paese e da un continente all' altro. La migrazione internazionale contribuisce enormemente alla nostra vita economica, sociale e culturale. Permette di colmare il gap nel mercato del lavoro e, attraverso le rimesse dei migranti, rifornisce di ingenti risorse economiche i paesi in via di sviluppo. Consente alle persone di migliorare il proprio livello di istruzione, di acquisire nuove professionalità e di mettere a frutto il proprio talento. La migrazione internazionale contribuisce enormemente allo scambio globale di idee e di informazioni, permettendo a noi tutti di sperimentare uno stile di vita più vario e cosmopolita di quanto non fosse possibile in passato. Ma la migrazione ha anche un lato oscuro, specialmente quando le persone si spostano perché fuggono da condizioni intollerabili nel proprio paese e quando non possono ottenere il passaporto o i visti necessari per viaggiare in maniera sicura e legale. In varie parti del mondo, rifugiati, richiedenti asilo e migranti irregolari vengono imprigionati e sono soggetti a maltrattamenti fisici. Molti subiscono discriminazioni e sfruttamento, non da ultimo da parte di trafficanti e scafisti che lucrano sul loro bisogno disperato di fuga. In questo contesto, il sensazionalismo dei media ed il populismo dei politici hanno contribuito alla crescita del razzismo e della xenofobia, di cui sono spesso vittime i migranti più vulnerabili. Sempre più frequentemente, contravvenendo al diritto internazionale sui rifugiati, le persone che rischiano vita e libertà nel proprio paese sono respinte alle frontiere di quegli stati dove sperano di trovare salvezza e sicurezza. In occasione della Giornata Internazionale del Migrante di oggi, va ricordato che a tutti i migranti, indipendentemente dalle motivazioni dell' esilio e dal loro status legale, è garantita la protezione dai principali trattati internazionali sui diritti umani. Va ricordato che fra coloro che lasciano il proprio paese ci sono persone che fuggono dalla persecuzione e dalle guerre e che meritano di essere trattate secondo quanto garantito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Rifugiati del 1951, sottoscritta ad oggi da quasi 150 paesi. Quando la Convenzione fu elaborata la comunità internazionale espresse "profonda preoccupazione per i rifugiati" ed evidenziò il bisogno di assicurare "il più ampio esercizio possibile dei loro diritti e libertà fondamentali". In un' era in cui così tante aree del mondo sono infestate dalla violenza, da tumulti politici e disintegrazione sociale, questo deve rimanere il nostro obiettivo. (l' autore è a capo dell' Alto commissariato dell' Onu per i rifugiati) - ANTONIO GUTERRES

giovedì 18 dicembre 2008

Antica ballata irlandese


"Se riuscirai a mantenere vivo un ramo verde nel tuo cuore nell'ora dell'oscurità,
allora il Signore verrà e manderà un uccello a cantare da quel ramo all'alba del giorno" (proverbio Irlandese)

*****

TROVA IL TEMPO

Trova il tempo di riflettere,
è la fonte della forza.

Trova il tempo di giocare,
è il segreto della giovinezza.

Trova il tempo di leggere,
è la base del sapere.

Trova il tempo d'essere gentile,
è la strada della felicità.

Trova il tempo di sognare,
è il sentiero che porta alle stelle.

Trova il tempo di amare,
è la vera gioia di vivere.

Trova il tempo d'essere contento
è la musica dell'anima.

(Antica ballata Irlandese)

lunedì 15 dicembre 2008

Perchè "Shiva"?

Ieri un gradito visitatore del blog mi ha chiesto espressamente perchè avessi scelto Shiva come nik name. La domanda mi ha colpito, forse perchè nessuno si era posto e mi aveva posto il problema.
All'apertura del blog il nik name mi era venuto spontaneo,la parola era ricca di fascino,evocava mondi e culture lontane,da conoscere, scoprire...una vera manna per me che cerco di capire, con scarsi risultati, la vita nei suoi molteplici aspetti.
A questo bisogna aggiungere il valore e il significato delle parole che non mi stancherò mai di indagare.
Diamo per scontato che usando la nostra o la Lingua dell'altro ci si possa comprendere, purtroppo non è così semplice, dietro il linguaggio c'è tutto un mondo di storia,vissuti, emozioni, sentimenti, quando ci penso mi vengono i brividi. Eppure non dobbiamo stancarci di comunicare con gli altri, anche se ciò può costarci sforzo e fatica. Per chi mi legge una breve presentazione di Shiva, quello vero.

Il Signore della Danza
Shiva nella sua forma di danzatore cosmico.
« La materia, la vita, il pensiero non sono che relazioni energetiche, ritmo, movimento e attrazione reciproca. Il principio che da origine ai mondi, alle varie forme dell'essere, può dunque essere concepito come un principio armonico e ritmico, simboleggiato dal ritmo dei tamburi, dai movimenti della danza. In quanto principio creatore, Shiva non profferisce il mondo, lo danza. »
(A. Daniélou, Shiva e Dioniso")

Shiva è anche chiamato Nataraja, il Signore della Danza, la cui danza cosmica, detta Tandava, è ciò tramite cui l'universo viene manifestato, preservato e infine riassorbito. Essa è simbolo dell'eterno mutamento della natura, dell'universo manifesto, che attraverso una danza scatenata Shiva equilibra con armonia, determinando la nascita, il moto e la morte di un numero infinito di corpi celesti.
Il luogo in cui questa danza si compie viene chiamato Chidambaram: contemplando macrocosmo e microcosmo come un'unica realtà, il centro della danza universale di Shiva viene definito essere il cuore (fisico e spirituale) dell'uomo. In questo senso il suono dei tamburi (simbolo dell'Aum, quindi della creazione), che Shiva produce ballando, viene identificato con il battito del cuore, che determina la vita. In questa visione monista, l'identificazione tra macrocosmo e microcosmo evidenzia la medesima natura dell'individuale e dell'Universale.
Nei bhajan shivaiti più energici, ricorrono spesso alcune parole sanscrite che non sono letteralmente traducibili in altre lingue, come ad esempio Dhim / Dhimmi, Dam / Damma, Dhimmita, Dhimmitaka. Queste parole non hanno un significato letterale preciso, ma sono più propriamente delle onomatopee, che rappresentano il suono dei tamburi (damaru) e delle cavigliere che si odono quando Shiva esegue l'eterna e incessante danza Tandava.

domenica 14 dicembre 2008

L'informatore scientifico (tra sogno e realtà)



L’informatore scientifico (tra sogno e realtà)

L’informatore scientifico è l’incubo dei pazienti in attesa nell’ambulatorio del medico di base, cessa di essere una persona e si tramuta in “evento temuto”, a prescindere dall’aspetto, peraltro piuttosto standard.
I pazienti della terza età si avviano per tempo verso l’ambulatorio per prendere il “numero” che la segretaria elargisce con aria d’importanza, come un premio, e i primi arrivati si congratulano con se stessi per il posto acquisito in graduatoria, frutto della loro lungimiranza.
Chi non necessita di visita o colloquio col medico si dispone in fila, senza numero, per accedere alla stanzetta dell’assistente tuttofare, è lei che compila ricette, richieste d’analisi, certificati, mentre con un orecchio risponde al telefono e con gli occhi tiene a bada il computer.
Nel mezzo, note di vita quotidiana, scambi confidenziali con i pazienti affezionati che le confidano piccoli o grandi problemi che sentono quasi tutti, vista l’esiguità degli spazi.
Infine, quando ognuno è al suo posto e la situazione sembra sotto controllo, arrivano i ritardatari, quelli che non hanno tempo da perdere…se sono fortunati acciuffano uno degli ultimi numeri rimasti, e si congratulano (anche loro!) per la propria capacità di previsione, gli altri si sentono rispondere:- I numeri sono finiti! Questi subiscono, con vergogna, la soddisfazione della segretaria e gli sguardi di derisione di chi il numero ce l’ha, di chi è in attesa da oltre un’ora in perfetta legalità. Se ne vanno, maledicendosi.
All’interno tutto procede secondo la prassi, senza mutamenti.
Sempre che…non sia presente l’informatore!
Lui o lei, fa lo stesso, è inconfondibile per l’aria sicura, l’abbigliamento professionale ( in contrasto spesso con la giovane età) e la capace valigetta posta ai piedi, un distintivo inequivocabile, destituito dalla consueta collocazione per ragioni contingenti.
L’informatore lavora, anche quando sembra essere in attesa come gli altri che lo guardano con fastidio.
Il cartello parla chiaro: Il dott. ***** riceverà gli informatori ogni tre pazienti, per il tempo necessario (?) nel numero massimo di 3 nell’orario d’ambulatorio.
A volte gli informatori s’incontrano e subito fraternizzano, unico caso di non belligeranza tra case farmaceutiche…si raccontano piccole esperienze della loro vita di corse tra un ambulatorio e l’altro, si trasmettono espedienti “salva tempo” del tipo: oggi pomeriggio vado…ah sì, anch’io…allora non aspetto e vado subito! Poi forse torno qui!
Un informatore va via e i pazienti emettono un sospiro di sollievo, già guardano al rimasto con un pizzico di simpatia…per un attimo lui ritorna persona, non più uno scomodo evento, ma un lavoratore inviato, per malasorte, dalle ditte farmaceutiche che sfornano a ritmo convulso gli ultimi ritrovati ( che prima o poi faranno parte della vita, come l’acqua, il pane, la verdura…)
Un giorno però le cose andarono diversamente.
L’informatore entrò e con un sorriso dissolse l’aria greve di risentimento che avvolgeva il gruppo in attesa.
I pazienti lo “videro”: giovane, entusiasta, sereno…neanche si accorsero della valigetta che teneva sulle ginocchia finché lui non l’aprì rivelandone il contenuto: di medicine neanche l’ombra, solo piccoli libri che il giovane guardava con amore!
Ne prese uno e cominciò a leggere ad alta voce…per ingannare l’attesa, disse, rispondendo alle mute domande degli occhi che lo circondavano.
Lo stupore si tramutò in silenzio e tutti si ritrovarono ad ascoltare, catturati, soggiogati…chi aveva ritrovato la voce se ne servì solo per cedere il proprio turno a qualcuno che sarebbe dovuto entrare dopo, alla fine sembrò proprio che nessuno avesse più bisogno del medico che si affacciò alla porta dello studio, preoccupato, dopo aver ripetutamente e invano gridato: Avanti! Avanti!
Uno spettacolo unico! Il giovane leggeva, al centro di un piccolo cerchio di malanni dimenticati, di urgenze differite.
Le parole si posavano sui corpi con tocco lieve, a stupire, lenire, ammorbidire, persino il medico e la segretaria erano stati sequestrati…
dimentichi, ad un tratto, di ruoli e distanze.
Chi pose fine all’incanto? Non si sa, forse un acciacco indomabile, forse un disincanto irriducibile…
Il tempo, per poco sospeso, riprese a scorrere.
- A chi tocca? Chiedeva il medico con fare impaziente.
- A lui! Tocca a lui! Gridavano i pazienti indicando qualcuno a caso, invocando la manciatina di secondi che serve a tutti per riprendersi da un bel sogno.
Il giovane informatore entrò con la sua valigetta.
Le sue parole però rimasero lì, e continuarono a svolazzare, come piccole punte di pennelli invisibili, per dare l’ ultimo tocco al quadro mutevole della vita. E.B.

sabato 13 dicembre 2008

Poesia di Jolanda Catalano




Una poesia di Jolanda Catalano, dalla Silloge inedita All'alba del canto

Un alito
ancora uno
e alla finestra si fermano le ore
dentro pensieri inutili al percorso,
difficili da decifrare.
Incongruenze
rimasugli inerti
e gelo,
ancora gelo
e fuori piove tutto il passato
che si scioglie in gocce
e poi flutti,
torrenti demenziali.
Un alito,
ancora uno
per ricondurre il tempo
dentro le astratte rette delle ore
dove si ricompongono i misteri
e fuori dalla finestra
ancora piove.

Un grazie particolare a Jolanda che mi rende possibile condividere il suo profondo sentire!

La poesia, e molte altre, tutte stupende, sono reperibili nel blog:http/rebstein.wordpress.com

giovedì 11 dicembre 2008

Quando i "nodi" vengono al pettine.

Quello che sta accadendo in Zimbabwue è sotto gli occhi di tutti, ma non se ne parla perchè stiamo vivendo uno sconquasso globale che ci porta a restringere il campo dell'attenzione ai problemi dell'occidente.
I paesi, America in testa, mettono in atto le misure anticrisi, quelle che devono scongiurare la recessione da più parti annunciata, se poi in Africa c'è chi muore cosa possiamo fare? Se ancora molti paesi africani sono governati da dittatori senza scrupoli è forse colpa nostra? Noi sosteniamo le ong che operano sul campo, adottiamo piccoli africani a distanza, costruiamo ospedali e scuole perchè crediamo nel diritto dei popoli allo sviluppo, che fare di più?
Ci sono governi più coraggiosi del nostro che chiedono apertamente le dimissioni di Mugabe, leader dello Zimbabwue, parlo del presidente Sarkozy, e paesi che tengono un profilo più basso ben sapendo che certi dittatori è meglio lasciarli al loro posto!
L'Africa è un grosso "affare" per l'Occidente ed è anche bene che gli africani vivano e muoiano nella loro terra...vogliamo continuare a pensarla cosi?
Io non ci sto. Mi aspetto che la FAO renda conto del suo operato, anzi della sua stessa ragione di esistere.

Da Repubblica.it del 11 nov 2008
ESTERI
L'epidemia causata dal collasso del sistema sanitario nazionale
conseguenza della pesante crisi economica che affligge il Paese
Zimbabwe, il colera fa strage
quasi 774 le vittime accertate
I casi di contagio sono più di 15.500. Servirebbero 13,6 milioni di euro.


Distribuzione dell'acqua ad Harare
HARARE - L'epidemia di colera che dallo scorso agosto ha colpito lo Zimbabwe ha provocato 774 morti. Il bilancio è stato reso noto dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) secondo la quale il numero delle vittime continua ad aumentare giorno per giorno. I casi di contagio sono in totale più di 15.500.

L'area più a rischio è quella della capitale, Harare, dove si sono registrati finora quasi 200 decessi e le persone ammalate sono oltre 7.600. L'epidemia è la più grave mai verificatasi nel Paese africano. E a causa della fuga di massa degli sfollati il contagio rischia sempre più di propagarsi agli altri Stati della regione, dal Sudafrica al Mozambico, al Malawi. Non a caso il Sudafrica ha allestito strutture mediche al confine, dove vengono curate decine di persone.

Per fronteggiare l'emergenza, in alcuni quartieri periferici di Harare sono stati consegnati, , attraverso l'intervento dell'Unicef, migliaia di litri di acqua. Sono settimane che molte zone della capitale sono senza acqua.

L'agenzia Onu per l'infanzia ha lanciato un appello per la raccolta di 13,6 milioni di euro che garantirebbero l'assistenza alla popolazione colpita. Le autorità dello Zimbabwe dal canto loro hanno decretato la scorsa settimana lo stato di emergenza, chiedendo il sostegno delle agenzie internazionali.

L'epidemia si è diffusa a causa del collasso del sistema sanitario nazionale, causato dalla grave crisi economica in cui versa lo Zimbabwe, con un'iperinflazione che ha superato i 231 milioni per cento e un tasso di disoccupazione che ha raggiunto l'80 per cento. E la situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi con l'arrivo della stagione delle piogge.
(10 dicembre 2008) Tutti gli articoli di esteri

martedì 9 dicembre 2008

Una boccata di libertà

Una boccata di libertà

C'è proprio bisogno, ogni tanto, di respirare un'aria diversa, di dimenticare per un po' il quotidiano, soprattutto quando lo stesso ti assilla e ti toglie il fiato.
Il giorno 7 u.s mi sono "immersa" in un mare di libri alla Fiera della piccola e media editoria promossa dall'iniziativa "Più libri, Più liberi".
Ho scoperto con gioia, visto l'enorme afflusso di visitatori, che faccio parte di una categoria (lettori accaniti) molto più vasta di quello che pensavo e anche più nutrita di quanto si vuol far credere."In Italia si legge poco" é quello che trasmettono i media senza però indagare,come sempre, sulle cause del fenomeno.
Nessuno dice che i libri costano troppo(in media 16 euro a volume),che nelle scuole e nelle famiglie non si educa al gusto della lettura, che i libri costringono alla "riflessione" e che di questi tempi meno si riflette e meglio è, che i libri veicolano "conoscenza e cultura" entrambe pericolose per cittadini che si preferiscono ignoranti e privi di capacità di critica, che i libri, infine, subiscono la pesante concorrenza del web e della televisione, quest'ultima asservita ai diktat del governo di turno!
Ho trascorso sei ore di pura libertà, ho verificato che le case editrici piccole e medie pubblicano autori pregevoli a prezzi inferiori, e soprattutto ho visto gente dallo sguardo vivo, brillante e curioso.
Quando sono uscita dalla fiera avevo le gambe a pezzi, ma l'animo intero, pronto a nuove battaglie.

Una boccata di libertà

C'è proprio bisogno, ogni tanto, di respirare un'aria diversa, di dimenticare per un pò il quotidiano, soprattutto quando lo stesso ti assilla e ti toglie il fiato.
Il giorno 7 u.s mi sono "immersa" in un mare di libri alla Fiera della piccola e media editoria promossa dall'iniziativa "Più libri, Più liberi".
Ho scoperto con gioia, visto l'enorme afflusso di visitatori, che faccio parte di una categoria (lettori accaniti) molto più vasta di quello che pensavo e anche più nutrita di quanto si vuo far credere."In Italia si legge poco" é quello che trasmettono i media senza però indagare,come sempre, sulle cause del fenomeno.
Nessuno dice che i libri costano troppo(in media 16 euro a volume),che nelle scuole e nelle famiglie non si educa al gusto della lettura, che i libri costringono alla "riflessione" e che di questi tempi meno si riflette e meglio è, che i libri veicolano "conoscenza e cultura" entrambe pericolose per cittadini che si preferiscono ignoranti e privi di capacità di critica, che i libri, infine, subiscono la pesante concorrenza del web e della televisione, quest'ultima asservita ai dictat del governo di turno!
Ho trascorso sei ore di pura libertà, ho verificato che le case editrici piccole e medie pubblicano autori pregevoli a prezzi inferiori, e soprattutto ho visto gente dallo sguardo vivo, brillante e curioso.
Quando sono uscita dalla fiera avevo le gambe a pezzi, ma l'animo intero, pronto a nuove battaglie.


mercoledì 3 dicembre 2008

Il grembiule verde


Ritrovato per caso, un rettangolo di stoffa usato e lavato migliaia di volte, con le sue fettucce un po’ logore, ma ancora salde, e la pettorina pendente, ormai senza sostegno: il grembiule verde della mamma.
Un sopravvissuto a traslochi e innumerevoli cernite, finito sul fondo di una cassapanca in attesa da tanto, di una mano che lo riporti alla luce. E poi un giorno avviene, e ti rendi conto che niente è casuale, ogni fatto
ha una ragione ed un tempo.
Ecco la mamma, con il suo grembiule verde dinanzi al lavello, e poi ai fornelli, con la divisa della cucina, con il simbolo della sua vita.
Ma può mai essere? Eppure a ben pensarci...un simbolo del suo "servizio", svolto con gioia e con orgoglio, pesante, certo, ma reso lieve dall'amore per i suoi quattro figli e per il marito, un po’ figlio anche lui.
Non poteva essere diversa la sua vita, da figlia a mamma, secondo il modello dei tempi, con una dedizione dimostrata in cento modi, ad un tratto visibile e presente lì, nel suo grembiule.
Avrebbe mai pensato la mamma che un giorno lui avrebbe "parlato" con parole sue, dolci come il miele del ricordo, amare come il fiele del rimpianto?
Un grembiule consunto.
Niente se paragonato ai tanti piccoli oggetti conservati con religiosa cura: un pettine, un rossetto, un profumo, il foulard preferito, l'ultima borsetta con i guanti e gli occhiali...tutti segni di una vita , ma nessuno capace di rivelare di quella vita la vera essenza.
Vivere per gli altri, per rendere più facile il loro cammino.
E davvero il nostro cammino è stato facile, e bello, e gioioso.
I miei occhi si perdono nel verde della stoffa, i segni dell'usura mai notati mi trattengono nel giardino dell'infanzia accanto a Lei...la vedo, la sento, come sento le sue parole, quelle che sono in me al punto da non essere più distinte: le sue, o le mie?
Come vorrei che la sua vita fosse stata diversa! Che avesse pensato di più a se stessa! Eppure mi sembrava felice...le sue tristezze, le preoccupazioni erano sempre solo per noi.
C'è chi lascia ai figli un patrimonio...chi un amaro ricordo..
Lei una vita che continua a vivere in ognuno di noi, a me, in più, il suo grembiule verde!

La mia mamma ci ha lasciato a 69 anni, dopo un lungo calvario.
Io voglio pensare che avesse terminato il suo cammino...esaurito il suo servizio.
Quello che voglio credere con tutta me stessa, è che nessuno può lasciarci davvero, se non lo vogliamo.
Credo fermamente che oltre la vita che conosciamo ce ne sono altre...una è quella che continua in quelli che amiamo e che ci hanno amati, ecco perché possiamo vivere per sempre!

martedì 2 dicembre 2008

E l'orrore diventa spettacolo

E l’orrore diventa spettacolo

Non so quanti spettatori ieri sera abbiano avuto il “fegato” di seguire la trasmissione Porta a Porta in onda su RAI 1 fino alla fine…io sono tra quelli che a un certo punto ne ha avuto abbastanza, abbastanza da andare a letto con l’animo in tumulto, in preda a domande e considerazioni che mi hanno comunque tenuto sveglia per buona parte della notte.
Oggi sapremo quale indice di ascolto avrà raggiunto la trasmissione in oggetto e anche quanta parte del pubblico televisivo ama guardare negli occhi chi si è macchiato, a detta dei magistrati che hanno già emesso una sentenza, di un orrendo delitto, quanti apprezzano pareri e commenti di esperti che dicono la loro, quanti sarebbero disposti a “perdonare” coloro che hanno tolto la vita a quattro persone come sembra aver fatto il padre, marito, nonno di tre delle vittime…
Io mi chiedo a che servano certe trasmissioni, dal delitto di Cogne in poi.
A cosa possono servire se non a stimolare nella gente una richiesta di giustizialismo che con la Giustizia ha poco da spartire?
Sento la gente esprimere opinioni agghiaccianti: Quei due meriterebbero la pena di morte! Io li metterei in carcere e butterei la chiave! Se avessero ucciso mia moglie, mio figlio, mio fratello, li ucciderei con le mie mani!
Il perdono? Quale perdono? Solo un pazzo può perdonare un assassino!

Provo a mettermi nei panni dei famigliari delle vittime e mi sento sommergere da un immane dolore, una sofferenza che non avrà mai fine e certo vorrei che i colpevoli fossero assicurati alla Giustizia e da questa giudicati secondo le Leggi del nostro paese, anche se a volte appaiono troppo severe e altre no.

In ogni caso mi porrei un po’ di domande: è giusto che la vita di vittime e carnefici debba essere “ridotta” ad uno spettacolo che pretende di informare mentre chiama chi guarda e ascolta a giudicare, a rivestire un ruolo che non gli appartiene?

Mi interrogo sul significato di Perdono e Vendetta, di Pena (esemplare!), di Rieducazione…
Mi viene in mente che in molti paesi vige ancora la Pena di morte, e che negli stessi paesi i crimini non sono diminuiti più di tanto.
Forse bisognerebbe battersi per una giustizia vera, rispettosa dei diritti dell’essere umano ovunque questo si trovi.
Il diritto alla vita è il solo in grado di sancire la nostra appartenenza ad un’Umanità che tutti accomuna, la sua difesa il solo deterrente ad una deriva che può condurci di filato alla barbarie.

venerdì 28 novembre 2008

Un fiore, una gioia per gli occhi.



Sono stanca di disastri, delitti, condanne, orrori quotidiani, provvedimenti per arginare una recessione annunciata, proclami poco credibili di addetti ai lavori e non...Sono esausta! E allora?
Mi rifugio sul mio balcone avvolto da un caldo sole, nonostante l'aria piuttosto gelida, a contemplare con occhi speranzosi le mie amate piante.
Il bilancio dovrebbe essere simile ad un bollettino di guerra: morti e feriti in quantità.
Mi rifiuto e mi concentro sull'ibisco che con un fiore rosso vermiglio si impone al mio sguardo e mi riempie di gioia.
E pensare che ad inizio estate avevo comprato la pianta con scarsa convinzione, convinta però dallo sguardo sincero di un venditore che mi aveva assicurato:- Vedrà che non si pentirà! Fiorirà sempre, fino all'inverno, finchè potrà catturare un raggio di sole!
Così è stato, ogni giorno un nuovo fiore che dura solo il tempo di un giorno.
Quanto basta per risollevarmi lo spirito!
Amo profondamente il mio ibisco, lo ammiro per la sua tenacia, lo ringrazio per essere entrato nella mia vita, al pari di amicizie inaspettate che mi trasmettono calore e vicinanza quando ho l'animo buio. La Bellezza può assumere tante forme...non voglio dimenticarlo!

L'ibisco

L’Ibisco appartiene alla famiglia delle Malvacee e proviene dalla Cina. Il nome di tale fiore ha origini greche ed è legato ad uno dei più famosi medici dell’antichità e profondo conoscitore delle capacità curative della piante, Dioscoride. Quest’ultimo, vissuto nel primo secolo dopo Cristo, utilizzò il nome di Ibiskos per definire la malva, una pianta spontanea che cresce nei territori affacciati sul Mediterraneo.

È particolarmente amato nelle isole della Polinesia e soprattutto a Tahiti, dove le ragazze portano tale fiore tra i capelli, mentre i ragazzi ne appoggiano spesso uno sopra l’orecchio. Tale abitudine, in realtà, ha un significato nascosto; se il giovane, infatti, è fidanzato lo porterà a destra, altrimenti mostrerà la sua disponibilità a conoscere altre persone.

L’ibisco è il più noto tra i fiori impollinati dagli uccelli e proprio per la leggerezza sericea dei fiori e per la loro breve durata, si dice che chi regala l’Ibisco vuole fare omaggio alla bellezza elegante ed effimera.

Una foto e mille domande dalla Dimora del tempo sospeso


« In difesa di un diritto costituzionaleA ogni paese il suo primato
By francescomarotta

lunedì 24 novembre 2008

Poesia di Antonio Ruggiero

ANTONIO RUGGIERO
Nato a Napoli il 18 agosto 1953. Scrive da oltre 20 anni prediligendo il vernacolo napoletano. Nel 1991 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie napoletane dal titolo Napule sott'e'ncoppa con la prefazione di Roberto Murolo - edito da " Riemma ".

Nel 1993 ha pubblicato il poemetto Pruciesse 'Nparaviso con la prefazione di Vittorio Paliotti - edita da " Il Girasole ".
Nel 1998 ha pubblicato la raccolta di poesie napoletane Viche e Vicarielle con la prefazione di Renato De Falco - edita da " Il Girasole ". Nel 2001 ha pubblicato la raccolta di poesie Cchiù a ssud do sud edita da " Il Girasole ".
Si è imposto quale vincitore e finalista in prestigiosi premi letterari . Ha pubblicato su Il Mattino, Il Giornale di Napoli e su altre testate. Ospite in manifestazioni di beneficenza e in trasmissioni televisive e radiofoniche. Attualmente incontra i ragazzi delle scuole per la conoscenza e la sopravvivenza del parlar napoletano.

L'intento dell'autore è quello di dare agli amanti della poesia napoletana il piacere di scoprire cose che spesso sfuggono all'attenzione per le problematiche della vita quotidiana e per la diffusione e la sopravvivenza del parlar napoletano.

Ho scoperto le poesie di Antonio Ruggiero per caso e ne sono stata conquistata...merito del poeta, ma anche della mia familiarità con il "parlar napoletano" della mia infanzia. Certe espressioni restano nel cuore oltre che nella memoria.

Nu sottofondo ‘e museca africana,
me trase ‘mpietto e sceta nu penziero;
use e ccustume ‘e popule luntane,
dint’’a malincunìa ‘e ‘na faccia nera.

‘Na faccia assaje cchiù nnera d’’o ggravone,
e ddint’ a ll’uocchie tanta nustalgìa;
guardann’’e stelle, dice bbell’ e bbuono…
“Chisà si ‘e sta guardanne mamma mia.”

E ppaccarianno sòna, sòna ancora,
nu par’’e bbonghe, sì, dduje tammurrielle,
cu’ nu tam-tam ca ‘ntennerisce ‘o còre,
sott’ a nu cielo chino-chin’’e stelle.

Sera d’Abbrile, sera ‘e primmavera,
io veco ll’Africa dint’ a cchill’uocchie;
sarrà nu sortileggio o sarrà overo,
veco nu populo ca s’addenocchia.

E vveco ‘a mamma soja ca stenn’’a mana,
‘o pate suojo ca sòna…E nun è ssuonno!
A ll’intrasatto sento chianu-chiano,
nu suono tal’ e qquale ca risponne.

E dd’’a malincunìa, ll’urdemo velo,
scumpare ‘a dint’ a ll’uocchie, e ss’avvicina;
me dice: “Saje pecché guardamme ‘o cielo?…
Pecché llà ‘ncoppa nun nce sta cunfine.

sabato 22 novembre 2008

Giornata internazionale Diritti infanzia e adolescenza

INFANZIA: 37 MLN BIMBI SENZA ISTRUZIONE A CAUSA GUERRE

(ASCA) - Roma, 20 nov - A causa della guerra 37 milioni di bambini e bambine nel mondo sono oggi esclusi dall'istruzione.

E sono almeno 250.000 i minori - di cui il 40% bambine - impiegati in 17 conflitti armati come soldati, spie, facchini, cuochi, ''mogli'' dei combattenti (nel caso delle ragazze) e arruolati in eserciti non governativi in almeno 24 nazioni e territori.

Sono le cifre diffuse da Save The Children nella Giornata Mondiale dell'Infanzia in occasione della quale l'associazione ', affiancata da 31 premi nobel, ha inviato una lettera aperta ai leader del mondo per chiedere il rispetto dellla Convenzione del Fanciullo.

Negli ultimi 15 anni, ricorda l'associazione, l'80% delle vittime civili delle guerre sono stati donne e bambini.

Almeno 2 milioni di bambini sono morti uccisi dal fuoco delle armi e 6 milioni sono stati feriti, resi disabili o hanno subito traumi psicologici, obbligati ad assistere a terribili atti ed episodi di abusi e violenze. Si stimano in 22 milioni i minori profughi e sfollati a seguito di guerre. Le cui conseguenze vanno oltre la fine delle ostilita': si calcola che ogni anno siano tra 8.000 e 10.000 le giovani vittime di ordigni esplosivi, in particolare delle mine rimaste sul terreno.

res-mpd/dnp/alf

In questa giornata "speciale" un invito a riflettere sulle nostre convinzioni più profonde, quanto è importante per noi la vita di un bambino? Per noi i bambini sono tutti ugualmente preziosi e insostituibili? Riconosciamo ai nostri bambini e a quelli di ogni altro essere umano i Diritti sanciti dalla Convenzione internazionale ONU del 1949?

I tuoi occhi neri di Piera Maria Chessa

Lacrime amare
sul tuo viso minuto,
uno sguardo smarrito,
i tuoi occhi neri
mi colpiscono al cuore.
Ti aggiri spaesata
trascinando con fatica
i tuoi sei anni violati,
i brutti ricordi
per pochi istanti allontanati.

Trascorrono i giorni
e coprono le ore scure
del tuo breve passato.
Non parli né racconti,
solo un viso di madre
a volte affiora labile
da qualche parola pronunciata
stringendo la mia mano.

Un nome, un sentimento ancora vivo,
talvolta il pianto
che riconduce lontano
da chi non seppe darti
quello che tu chiedevi
invano.

martedì 18 novembre 2008

Piccoli passi delle donne in Afghanistan

Le donne ci provano, vogliono studiare, vogliono cambiare la loro vita, in un paese che le umilia, le discrimina, le opprime e punisce ogni loro tentativo di progredire.
Vale la pena di leggere una storia di coraggio in un paese dove l'istruzione delle donne è ancora considerato un atto di ribellione, da scoraggiare con ogni mezzo!
L'articolo è tratto da Repubblica.it del 16/11/2008.

Orrore in Afghanistan, ma la ragazza resiste
"Andrò avanti anche se mi colpissero cento volte"
Shamsia, sfigurata perché va a scuola
"Non mi arrendo, voglio studiare"

KABUL - Camminano tranquille, scherzano fra loro, ridono persino. E se è necessario rivolgono la parola agli uomini. Le giovani donne di Kabul scelgono il velo nero che copre i capelli, ma lascia fuori il sorriso. Oggi nella capitale i fantasmi azzurri con il burqa sono una minoranza, forse tre donne su dieci. E per queste disgraziate il velo integrale non serve a nascondere la bellezza, come vuole la lettura più retriva del Corano, ma a salvare i resti della loro dignità mentre chiedono il bakshish, l'elemosina.

Ma per gli integralisti di Kandahar imporre la copertura del volto non basta. L'esempio l'aveva dato Gulbuddin Hekmatyar, il signore della guerra che già negli anni Settanta, da studente universitario, aveva gettato acido sulle colleghe colpevoli di andare a lezione con il viso scoperto. Da quel debutto significativo sono passati quasi quarant'anni, e sotto il suo burqa la giovanissima Shamsia non si aspettava di essere aggredita mercoledì scorso assieme ad altre 14 ragazze con lo stesso sistema, solo perché era diretta al liceo femminile Mirwais Nika. A dar scandalo, per i due fanatici armati di pistola ad acqua carica di acido solforico, non era l'esibizione del volto, che era nascosto dietro il tessuto celeste. Era scandaloso che a diciassette anni Shamsia non accettasse di tornare al Medioevo, che si ribellasse al destino tracciato dai Taliban, e che volesse studiare come i coetanei maschi. Così l'hanno colpita, sfregiandole il volto e sperando di spaventarne l'animo.

Ma Shamsia è la generazione nuova, quella delle donne che costruiranno il nuovo Afghanistan. "Voglio continuare con la scuola, anche se dovessero uccidermi", ha subito detto dal suo letto d'ospedale: "Ecco il messaggio per i miei nemici: andrò avanti, anche se mi colpissero cento volte". Con tutta probabilità Shamsia se la caverà con qualche brutta cicatrice. Non importa che sia stata un po' di fortuna nella disgrazia, o che sia paradossalmente merito del burqa che l'ha protetta dall'acido. Quello che conta è che indietro non si torna, nonostante la campagna di violenze, nonostante stupri ed esecuzioni sommarie, come quella delle due inservienti di Ghazni, giustiziate per strada in quanto "prostitute" perché lavoravano nella locale base Usa.

Per le donne d'Afghanistan le notizie degli ultimi mesi sono un bollettino di guerra. L'Organizzazione afgana per i diritti umani ha lanciato l'allarme e ha chiesto un intervento del governo: gli abusi sono in aumento e quasi sempre a danno di bambine. Nella provincia di Jowzian fra le vittime di stupro c'è anche una creaturina di due anni e mezzo. A Sarpul la dodicenne Anisa ha subìto uno stupro di gruppo, e la famiglia ha minacciato un suicidio di massa se non avrà giustizia. Ma sull'apparato giudiziario afgano nessuno si illude. Nella provincia di Sar-e-Pul cinque funzionari di polizia sono stati licenziati per non aver indagato sulla violenza a una dodicenne. Abdul Hameed Aimaq, senatore di Kunduz, ai microfoni della Bbc ha sparato a zero: "I tribunali sono corrotti. I procuratori sono corrotti. E nessuno ne chiede conto. Per questo ci sono omicidi, violenze, furti e tutto il resto. In realtà il governo non esiste". Non c'è scampo nemmeno all'interno del matrimonio. Quando le nozze combinate dalle famiglie sono sgradite e i mariti le maltrattano, le ragazze si suicidano dandosi fuoco. I casi sono così frequenti che la Cooperazione italiana ha deciso di finanziare la costruzione di un nuovo reparto ustionati nell'ospedale Esteqlal di Kabul.

Persino i Taliban hanno sconfessato il gesto dei fanatici di Kandahar. Ma per Fawzia Koofì "è stato senz'altro un gesto terroristico. E la cosa più sconvolgente", dice la vicepresidente della Wolesi Jirga, la camera bassa del parlamento afgano, "è che sia successo in una grande città, non in un'area rurale. Questo dimostra che il problema non è l'arretratezza culturale. Il problema è la cultura dell'impunità, la certezza che chi commette violenza contro le donne va incontro a punizioni insignificanti. Il problema è che lo stesso Hamid Karzai ha graziato dopo solo due anni di carcere un condannato all'ergastolo per reati contro le donne".

Ma l'Afghanistan non è disponibile a tornare indietro fino ai tempi dell'apartheid sessuale più totale. La rivolta è fatta di gesti quotidiani e di piccoli passi. Una prova è sulle colline sopra Kabul, dov'è arrampicato il villaggio di Tangi Kalay. Qui padre Giuseppe Moretti ha fondato la "Scuola della pace" badando che fosse aperta a tutti, maschi e femmine, dei villaggi vicini. Le ragazze, racconta il sacerdote, sono un terzo del totale. In compenso la loro frequenza è più assidua, perché le famiglie spesso mandano i maschietti a lavorare. "Quando sono venuto per la prima volta in Afghanistan, nel '77, non c'erano nemmeno i burqa. E' stata una novità triste". Padre Giuseppe è coraggioso: la sua prima elementare è addirittura una classe mista. Perché lui lo sa, e lo dice apertamente: "Il futuro di questo paese è difficile e lontano. Ma è senz'altro in mano alle donne".

(16 novembre 2008) Tutti gli articoli di esteri

domenica 16 novembre 2008

Finchè avrò memoria - di Paolina Messina -

Finchè avrò memoria
dirò grazie all'Eterno
che nel sogno mi conduce
per strade di quiete
a rinfrancare la speranza
Non rinnegherò
le lacrime versate
Fu spinoso il sentiero
sul quale fui costretta
a camminare
Finchè avrò memoria
benedirò il Signore
che fu per me
largo di misericordia
Molte volte ho rischiato
l'abisso ma sempre
la Sua mano potente
mi riportò sulla via.

Una poesia che parla di memoria, di sentieri spinosi, di lacrime versate ma anche di quiete e speranza e soprattutto di Fede. Grazie, Paolina!

lunedì 10 novembre 2008

La "fabbrica dei bambini"

Da Repubblica.it-sezione Esteri

In una clinica per maternità ragazze schiave e violentate costrette a portare avanti la gravidanza e cedere il neonato
Orrore in una "clinica" nigerianaScoperta la "fabbrica dei bambini"

Bambini schiavi in NigeriaENUGU (Nigeria) - Nati per essere venduti. In Nigeria è stata scoperta una "fabbrica di bambini". Per tutti era una clinica per maternità, in realtà quello che si faceva all'interno, soprattutto di notte, era organizzare un traffico di neonati strappati al madri costrette con la forza alla gravidanza e messi sul mercato. Questo ha scoperto la polizia quando ha fatto irruzione nell'edificio di due piani di Enugu, nell'est del Paese. Quando gli agenti sono entrati hanno liberato una ventina di donne. Stando alla ricostruzione fornita dalle organizzazioni umanitarie di quella che è stata definita la più vasta operazione di polizia contro una rete di trafficanti di bambini, il medico responsabile della clinica attirava giovani donne che portavano avanti gravidanze non volute, proponendo loro di aiutarle ad abortire. Le adolescenti venivano invece rinchiuse fino al giorno del parto, quindi costrette a separarsi dal proprio bambino in cambio di circa 20 mila naira (135 euro). I bambini veniva poi venduti, generalmente a nigeriani, per una cifra che oscilla tra i 300 e i 450 mila Naira (2.000-3.000 euro). "Appena entrata, mi hanno fatto un'iniezione e sono svenuta - ha raccontato alla France Presse una delle donne liberate - quando ho ripreso conoscenza, mi sono resa conto che era stata violentata". La ragazza, 18 anni, è stata quindi rinchiusa con le altre donne. Il medico l'ha violentata di nuovo il giorno dopo, una settimana prima dell'intervento della polizia. Secondo la polizia, il medico "invitava" anche altri uomini "per ingravidare le ragazze".
Secondo le organizzazioni locali che si battono contro il traffico di essere umani, le fabbriche di bambini non sono rare in Nigeria, il paese che conta il più alto numero di abitanti del continente africano, 140 milioni. E anche se non esistono dati precisi sul numero di neonati destinati ogni anno alla vendita, gli attivisti sostengono che si tratta di un'attività molto diffusa, gestita da organizzazioni molto strutturate. "Pensiamo siano più grandi di quanto sappiamo", dice Ijeoma Okoronkwo, direttore regionale dell'agenzia nazionale per il bando del traffico di esseri umani. Secondo l'Unicef, sono almeno dieci i bambini che vengono venduti ogni giorno in Nigeria per usarli come manodopera, per farli prostituire o semplicemente per la cultura della sterilità come maledizione che ancora permea molti strati della popolazione del Paese. Le strutture simili alla clinica di Enugu scoperte finora nel paese sono almeno una decina.
"Tutto questo esiste da tempo, ma noi ne siamo al corrente solo dal dicembre 2006, quando un'ong ha lanciato l'allarme e ci ha segnalato che i bambini venivano venduti e che vi erano coinvolti gli ospedali", ha aggiunto. In alcuni casi, giovani donne molto povere ricorrono di propria volontà a questa pratica per avere denaro. Nella clinica di Enugu, "abbiamo trovato quattro donne che erano lì da tre anni, per fare figli", ha detto il responsabile locale per la sicurezza, Desmond Agu.
(9 novembre 2008)

Non me la sento di fare alcun commento. Solo domande che mi pongo vincendo l'orrore che mi attanaglia: come possono degli essere umani arrivare a tanto? Com'è possibile che ci siano ancora paesi nei quali la Vita ha ancora così poco valore? Perchè il mondo cosiddetto civile può continuare a indignarsi o commuoversi per piccoli fatti e non considerare realtà così terrificanti?



domenica 9 novembre 2008

Figure dal passato

Figure dal passato

Pasquale era ai nostri occhi di bambini desiderato e temuto allo stesso tempo. Compariva alla porta del giardino, denominata “portoncino”, con una certa regolarità, per ricevere gli “ordini” così diceva, mentre gli adulti lo accoglievano con indifferenza noi accorrevamo per assistere al piccolo spettacolo che lui aveva in serbo per noi.
Pasquale si mostrava avvolto da un corto mantello nero, con una coppola nera sotto la quale celava di certo i capelli, ma non i baffi che aveva lunghi e spioventi ai lati delle labbra occultate, e i baffi erano i veri ferri del mestiere, per quanto ci riguardava, riusciva a muovere i baffi verso l’alto e il basso simultaneamente, ma anche un baffo sì e l’altro no, insomma pareva proprio che i suoi baffi fossero dotati di vita propria.
I maschietti ridevano e Pasquale li richiamava all’ordine facendo gli occhi truci, le bambine emettevano piccole grida di terrore nascondendosi dietro i fratelli più arditi, era allora che Pasquale si lasciava andare a una sonora risata rivelando una candida chiostra di denti.
Lo spettacolo era finito e il pubblico decisamente soddisfatto, qualcuno chiedeva una replica, ma Pasquale rispondeva che i sui baffi erano “stanchi” e ci proponeva, a mò di consolazione, una breve passeggiata sul suo calesse che aveva parcheggiato nel vicolo, poco distante.
In attesa degli “ordini” ci tuffavamo all’arrembaggio del calesse con l’urgenza di conquistare i posti più ambiti, ma Pasquale ristabiliva l’ordine: le bambine al centro, i maschi ai lati, lui a cassetta.
Si partiva per un giro o due dell’ampia piazza sulla quale affacciava la nostra casa, il cavallo andava al piccolo trotto anche quando Pasquale a nostro beneficio faceva schioccare la frusta. Spesso invitava uno dei due maschi a sedere a cassetta accanto a lui, le bambine mai.
Mio fratello, il più piccolo, oggi ultracinquantenne, ebbe anche l’onore, più di una volta, di reggere le redini e ancora lo ricorda.
La mamma e la nonna ci guardavano dalla finestra e gridavano: -Pasquà, accorto a e’ creature! Pasquale esplodeva nella sua risata e lanciava il cavallo in un breve galoppo che ci entusiasmava. Un vero bandito!

( Pasquale ci regalava le carrube destinate al suo cavallo, io ho imparato ad apprezzarle per merito suo e se oggi mi capita, purtroppo raramente, di mangiarle ripenso all’infanzia e a Pasquale!
Chi è un estimatore di carrube può visitare il sito lpels che ha stimolato in me tanti ricordi.)

domenica 2 novembre 2008

Mediazione impossibile?

Da Repubblica.it un articolo di Daniele Mastrogiacomo che parla di Morte, di un Massacro che è in atto lontano da noi, in Africa, il continente nero del quale ci ricordiamo solo quando si parla di clandestini, vu cumprà, e lavoratori in nero.
Nel giorno della Ricorrenza dei defunti chiunque ricorda i suoi cari scomparsi con il dolore, mai sopito, di una perdita che solo il tempo in parte lenisce.
I nostri defunti continuano a vivere nella nostra memoria, nella nostra vita di ogni giorno, anche e soprattutto quando ci dibattiamo in mille difficoltà.
Ma oggi il ricordo è più pressante, l'assenza più tangibile!
Voglio dedicare questo post ad altri morti: donne, uomini, bambini lontani dei quali non si sa neanche il nome, solo il colore della pelle...nero, come il colore della Paura, della Morte, del Lutto.
In India il colore del lutto è il bianco, il colore della Luce senza la quale persino il sangue sarebbe indistinguibile da una pozza d'inchiostro!
Oggi voglio vestirmi di bianco, a lutto per un massacro in atto del quale si parla poco e con fastidio. Quando riusciremo a capire che la Vita di ogni essere umano ci appartiene? Che ogni attentato alla vita ci riguarda?


Missione di Kouchner e Miliband: il ministro degli Esteri francese"In atto un massacro mai visto in Africa"
Congo in fiamme, morti e saccheggi nell'assedio di Goma

DAL NOSTRO INVIATO DANIELE MASTROGIACOMO

Un campo profughi alle porte di GomaNAIROBI - Assaltati, saccheggiati, dati alle fiamme. Con la gente, in massa, in preda al panico, che afferra quello che può e fugge dai villaggi. Verso nord, verso est, verso la salvezza, le frontiere dell'Uganda e del Ruanda. Dietro, a pochi chilometri, si lasciano l'inferno, le capanne bruciate, le case in terra sbriciolate dai colpi di fucili, i sentieri ridotti ad un pantano dalla pioggia che arriva ad ondate dal cielo e trasforma i crateri provocati dagli obici dell'artiglieria in enormi pozzanghere. Il Nord-Kivu adesso è in fiamme. Nonostante la tregua unilateriale annunciata dai ribelli del generale Laurent Nkunda, gli scontri con l'esercito congolese sono ripresi. Goma, la città più importante della regione, mezzo milione di abitanti anche ieri appariva deserta. Chi non è riuscito o non ha potuto fuggire, resta tappato in casa. Ascolta le notizie alla radio, si affaccia dalle finestre. Tenta di capire cosa accade più a nord, verso i villaggi di Rutsthuru, Dumez, Nyongera, Kasasa, Kidati. Le notizie che arrivano attraverso i fuggiaschi, riempiono di orrore e di paura. I soldati dell'esercito congolese si sono accaniti sulla popolazione che non è riuscita a fuggire. Sono entrati nei villaggi, hanno saccheggiato tutto quello che trovavano, hanno sparato, ucciso, mutilato, violentato. E poi, anche per nascondere le prove di una violenza che si ripete, ossessivamente, da almeno due mesi, hanno appiccato il fuoco e distrutto tutto. Voci, testimonianze agghiaccianti. Difficili da verificare. Gran parte del territorio del nord del Kivu è al centro di una battaglia che non ha fronti. I ribelli di Nkunda hanno sferrato l'attacco finale per la conquista di Goma: una conquista simbolica ma strategica in questa guerra dimenticata dal mondo. Prendere Goma significa chiudere un cerchio attorno ai drappelli di soldati congolesi dislocati in un raggio di 50 chilometri. I soldati lo sanno. Si spostano veloci, ripiegando e avanzando sui sentieri ricavati in mezzo alla foresta.
Il fronte del conflitto muta di giorno in giorno e chi si trova in mezzo, schiacciato da milizie demotivate e senza più disciplina, finisce per pagare il prezzo più alto. E' successo a Rutshuru, villaggio di 2000 abitanti. Qui sorgeva uno dei più grandi campi per rifugiati. I ribelli hanno ordinato a tutti di uscire, gli uomini divisi dalle donne. Si sono fatti consegnare cibo, vestiti, attrezzi, animali. Poi è scoppiato l'inferno. Qualcuno forse si è ribellato, altri hanno resistito. Contadini, gente indifesa, aggrappati alla disperazione e alla dignità. Hanno iniziato a sparare, a colpire con i machete, a mutilare, a violentare le donne. Tra pianti, urla, gente che fuggiva nella foresta, correndo tra i campi sventrati dai colpi di mortaio, dati alle fiamme. La maggioranza è riuscita a scappare, terrorizzata. Verso sud, verso Goma. Ma il campo è stato completamente distrutto dal fuoco. La strategia è chiara: distruggere tutto per creare il deserto. Impedire alla gente di tornare, creare zone cuscinetto di difesa per rallentare l'avanzata dei ribelli del generale Nkunda. Si stima che almeno 50 mila persone siano fuggite dal campo profughi dati alle fiamme. Ma altri duecento, forse trecentomila fuggiaschi vagano senza una meta. Un dramma che coinvolge almeno un milione di persone. Le condizioni sanitarie sono allarmanti. Già si parla di un epidemia di colera. La stagione delle piogge, appena iniziata, rende tutto ancora più difficile. Le strade sono impraticabili, la sicurezza è ridotta al minimo, girano drappelli di uomini armati che rubano, saccheggiamo e violentano. La proposta francese di inviare sul posto un contingente europeo è stata accolta con freddezza. Kigali, accusata di appoggiare i ribelli, non ne vuole sentire parlare. Kinshasa attende. Ma ieri i presidenti di Congo e Ruanda, Joseph Kabila e Paul Kagame hanno detto di essere d'accordo a partecipare ad un eventuale summit internazionale sulla crisi del Congo. Dal 2003 ci sono già 17 mila caschi blu dell'Onu ma non sembrano in grado di assolvere il loro compito: affiancano l'esercito congolese ma non assistono più la popolazione civile. Si cerca di ricomporre il filo del dialogo. Tra mille difficoltà. Il ministro degli Esteri francese Kouchner dice "che sta accadendo un massacro mai visto in Africa". E oggi si reca a Goma assieme al collega britannico David Miliband per tentare una mediazione impossibile.
(1 novembre 2008)

LINK CORRELATI

Congo in fiamme, morti e sacchegginell'assedio di Goma
Congo, un milione di sfollatiBocciata la missione militare Ue
Congo, i ribelli verso GomaLe Ong: "Emergenza ignorata"

venerdì 31 ottobre 2008

Preghiera di Paolina Messina


Preghiera
Quando sarò Signore
alle porte di quel tunnel
che mi separa dalla luce
ti prego
mandami incontro mia madre
E’ tanto che mi manca
che il suo volto l’ho smarrito
nelle nebbie dei ricordi
Ritroverò il suo
morbido abbraccio
quel suo odore che avida
cercavo tra le lenzuola
Basterà un attimo
a svuotare il fiume
di parole non dette
(per lungo tempo ha premuto
ai margini del cuore)
E tornerò bambina
a cercare la sua mano
la certezza di un amore
che non ebbe mai tramonto.

Paolina Messina è nata a Palazzolo Acreide,in provincia di Siracusa,nel 1942.Vive ormai da quasi un quarantennio ad Archi di Reggio Calabria dove ha svolto la sua attività di insegnante nella scuola elementare dello stesso quartiere.Partecipa con assiduità e interesse alla vita culturale cittadina ed è impegnata nel volontariato cattolico..Fa parte del Cenacolo dei poeti del Rhegium Julii. Ha collaborato per diversi anni alla rivista “La Procellaria” con poesie,racconti e recensioni.Ha raccolto la sua produzione poetica in due sillogi: Tra frantumi di case e Finchè avrò memoria.
Le poesie di Paolina Messina sono su www. lapoesiaelospirito.wordpress.com/2008/03/02/paolina-messina-poesie

martedì 28 ottobre 2008

Un decreto che nessuno vuole!

Ho appena letto un bell'articolo di Curzio Maltese su Repubblica e mi fa piacere condividerlo con chiunque è interessato agli ultimi infausti eventi che coinvolgono la Scuola.
Buona lettura.

IL RACCONTO. Viaggio nelle scuole elementari emilianeche l'Ocse indica come le migliori in assoluto.
Tra le maestre imitate ovunque"Berlusconi ha fatto male i conti"
di CURZIO MALTESE
BOLOGNA - A New York sono sorte negli ultimi dieci anni scuole materne ed elementari che copiano quelle emiliane perfino negli arredi. Via i banchi, le classi prendono l'aria delle fattorie reggiane che ispirarono Loris Malaguzzi, con i bambini impegnati a impastare dolci sui tavolacci di legno, le foglie appese alle finestre per imparare a conoscere i nomi delle piante. Si chiama "Reggio approach", un metodo studiato in tutto il mondo, dall'Emilia al West, con associazioni dal Canada all'Australia alla Svezia. Se la scuola elementare italiana è, dati Ocse, la prima d'Europa, l'emiliana è la prima del mondo, celebrata in centinaia di grandi reportage, non soltanto la famosa copertina di Newsweek del '91 o quello del New York Times un anno fa, e poi documentari, saggi, tesi di laurea, premi internazionali. Non stupisce che proprio dalle aule del "modello emiliano", quelle doc fra Reggio e Bologna, sia nata la rivolta della scuola italiana. La storia dell'Emilia rossa c'entra poco. A Bologna di rosso sono rimaste le mura, tira forte vento di destra e sul voto di primavera incombono i litigi a sinistra e l'ombra del ritorno di Guazzaloca. "C'entra un calcolo sbagliato della destra, che poi fu lo stesso errore dell'articolo 18", mi spiega Sergio Cofferati, ancora per poco sindaco. "Il non capire che quando la gente conosce una materia, perché la vive sulla propria pelle tutti i giorni, allora non bastano le televisioni, le favole, gli slogan, il rovesciamento della realtà. Le madri, i padri, sanno come lavorano le maestre. E se gli racconti che sono lazzarone, mangiapane a tradimento, si sentono presi in giro e finisce che s'incazzano".
Che maestre e maestri emiliani siano in gamba non lo testimonia soltanto un malloppo alto così di classifiche d'eccellenza, o la decennale ripresa della natalità a Bologna, unica fra le grandi città italiane e nonostante le mamme bolognesi siano le più occupate d'Italia. Ma anche il modo straordinario in cui sono riusciti in poche settimane a organizzare un movimento di protesta di massa. Stasera in Piazza Maggiore, alla fiaccolata per bloccare l'approvazione dei decreti sulla scuola, sono attese decine di migliaia di persone. "È il frutto di un lavoro preparato con centinaia di assemblee e cominciato già a metà settembre, da soli, senza l'appoggio di partiti o sindacati che non si erano neppure accorti della gravità del decreto", dice Giovanni Cocchi, maestro. Il 15 ottobre Bologna e provincia si sono illuminate per la notte bianca di protesta che ha coinvolto 15 mila persone, dai 37 genitori della frazione montana di Tolè, ai tremila di Casalecchio, ai quindicimila per le strade di Bologna. Genitori, insegnanti, bambini hanno invaso la notte bolognese, ormai desertificata dalle paure, con bande musicali, artisti di strada, clown, maghi, fiaccole, biscotti fatti a scuola e lenzuoli da fantasmini, il logo inventato dai bimbi per l'occasione. Ci sarebbe voluto un grande regista dell'infanzia, un Truffaut, un Cantet o Nicholas Philibert, per raccontarne la meraviglia e l'emozione. C'erano invece i giornalisti gendarmi di Rai e Mediaset, a gufare per l'incidente che non è arrivato. Perché stavolta la caccia al capro espiatorio non ha funzionato? Me lo spiega la giovane madre di tre bambini, Valeria de Vincenzi: "Non hanno calcolato che quando un provvedimento tocca i tuoi figli, uno i decreti li legge con attenzione. Io ormai lo so a memoria. C'è scritto maestro "unico" e non "prevalente". C'è scritto "24 ore", che significa fine del tempo pieno. Non c'è nulla invece a proposito di grembiulini e bullismo". Il fatto sarà anche che le famiglie vogliono bene ai maestri, li stimano. Fossero stati altri dipendenti statali, non si sarebbe mosso quasi nessuno. Marzia Mascagni, un'altra maestra dei comitati: "La scuola elementare è migliore della società che c'è intorno e le famiglie lo sanno. Con o senza grembiule, i bambini si sentono uguali, senza differenze di colore, nazionalità, ceto sociale. La scuola elementare è oggi uno dei luoghi dove si mantengono vivi valori di tolleranza che altrove sono minacciati di estinzione, travolti dalla paura del diverso". Come darle torto? Ci volevano i maestri elementari per far vergognare gli italiani davanti all'ennesimo provvedimento razzista, l'apartheid delle classi differenziate per i figli d'immigrati. Rifiutato da tutti, nei sondaggi, anche da chi era sfavorevole alla schedatura dei bimbi rom. "Certo che il problema esiste", mi dicono alla scuola "Mario Longhena", un vanto cittadino, dove è nato il tempo pieno "ma bastava non tagliare i maestri aggiuntivi d'italiano". E se domani il decreto passa comunque, nel nome del decisionismo a tutti i costi? "Noi andiamo avanti lo stesso", risponde il maestro Mirko Pieralisi. "Andiamo avanti perché indietro non si può. Non vogliono le famiglie, più ancora di noi maestri. Ma a chi la vogliono raccontare che le elementari di una volta erano migliori? Era la scuola criticata da Don Milani, quella che perdeva per strada il quaranta per cento dei bambini, quella dell'Italia analfabeta, recuperata in tv dal "Non è mai troppo tardi" del maestro Manzi". Ve lo ricordate il maestro Alberto Manzi? Un grande maestro, una grande persona. Negli anni Sessanta fu calcolato che un milione e mezzo d'italiani sia riuscito a prendere la licenza elementare grazie al suo programma. Poi tornò a fare il maestro, allora con la tv non si facevano i soldi. Nell'81 fu sospeso dal ministero per essersi rifiutato di ritornare al voto. Aveva sostituito i voti con un timbro: "Fa quel che può, quel che non può non fa". È morto dieci anni fa. Altrimenti, sarebbe stasera a piazza Maggiore.

giovedì 23 ottobre 2008

I vecchi ( poesia di Jolanda Catalano)

I vecchi

I vecchi al mio paese
si riempiono gli occhi di cielo
e guardano e guardano
sospesi tra i ricordi di albe
che li vedeva stanchi
tra i campi dalle dure zolle
a spremere la terra per un tozzo di pane
e bere dal fiasco al tramonto del sole
gli ultimi sorsi di fatica e sudore.
I vecchi al mio paese
li puoi vedere in balcone
o ai bordi delle siepi che fiancheggiano le strade,
in fila o in cerchio per farsi coraggio
tra fuochi di guerra e uccelli notturni
che piangono ancora l’eterno timore
della vita che va nel vuoto o nel sole.
Aggrappati al bastone ammirano fieri
i colori dei luoghi che li hanno visti passare,
il sole il mare gli aranci le vigne
e se li fissano dentro, conficcati nel cuore,
come ultimo sguardo alle cose più care
prima che i sospiri si facciano lievi.
I vecchi al mio paese
non vorrebbero morire,
e l’oscuro velo di cui avvertono l’abbraccio
li trova fuori a respirare ancora,
a guardarsi intorno come per un saluto
o una scorta di gioia prima di partire.
Perché già sanno che verrà la morte
ma andranno via con tutte le radici.

Jolanda catalano

lunedì 20 ottobre 2008

Una poesia di Sante Bernardi

In tram
Una tenera canzone messicana
seguita da una dolce
melodia slava
a riempire il tempo
di qualche fermata,
trasmettono rimpianto
e nostalgia
trascinano il cuore
in mondi dove
è stato lasciato l'amore.
Un volto triste di donna
passa tra muri d'indifferenza
a raccogliere un segno,
sorpresa mi guarda,
accenna un lieve sorriso,
al mio cenno d'assenso
sorride ancora.
Un attimo,
solo per un attimo,
il suo cuore ha avuto un sussulto.
Ciao, mi mormora
seguendo il compagno,
ciao, le rispondo,
come ad una vecchia amica.

mercoledì 15 ottobre 2008

Classi ponte per alunni stranieri

SCUOLA & GIOVANI da La Repubblica.it

Dopo un acceso dibattito, via libera al testo passato con una diversa denominazione: "classi di inserimento". Fassino: "Regressione culturale"
Classi ponte per alunni stranieri Sì della Camera a mozione Lega

Maria Stella Gelmini ROMA - Classi "d'inserimento" per bambini extracomunitari. La Camera ha approvato la mozione della Lega Nord in materia di accesso degli studenti stranieri alla scuola dell'obbligo. Il testo, approvato dopo un infiammato dibattito, è passato con una diversa denominazione: non più "classi ponte", così come originariamente indicato nella mozione presentata dal leghista Roberto Cota, ma la nuova denominazione che parla, appunto di "classi di inserimento". E' stato il vice capogruppo vicario del Pdl alla Camera, Italo Bocchino, a proporre di cambiare il nome all'oggetto per "rendere più evidente l'obiettivo della proposta, ossia l'integrazione degli studenti". Per Piero Fassino si tratta invece di "una regressione culturale prima ancora che politica", "e non solo produce un principio di discriminazione ma, e questa è la cosa più grave, discrimina tra i bambini e i più piccoli, che è la cosa più abbietta". Il testo della maggioranza è passato con 256 sì, 246 no e un astenuto. Bocciate le mozioni dell'opposizione. Il testo approvato a Montecitorio impegna il governo a "rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, favorendo il loro ingresso, previo superamento di test e specifiche prove di valutazione". "Favorendo", dunque, e non più "autorizzando" come si leggeva nel testo originario: una modifica sostanziale che sottolinea il valore non selettivo della norma. A chi non supera i suddetti test vengono messe a disposizione le "classi ponte che consentano agli studenti stranieri di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all'ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti".
La mozione impegna inoltre il governo "a non consentire in ogni caso ingressi nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ciascun anno, al fine di un razionale ed agevole inserimento degli studenti stranieri nelle nostre scuole". Infine, si prevede "una distribuzione degli studenti stranieri proporzionata al numero complessivo degli alunni per classe, per favorirne la piena integrazione e scongiurare il rischio della formazione di classi di soli alunni stranieri", oltre che "nelle classi ponte, l'attuazione di percorsi monodisciplinari e interdisciplinari, attraverso l'elaborazione di un curriculum formativo essenziale, che tenga conto di progetti interculturali, oltre che dell'educazione alla legalità e alla cittadinanza". (15 ottobre 2008)





Ulteriori precisazioni del Governo che si occupa degli alunni stranieri, in maniera maldestra, a mio parere. Chi opera nella Scuola sa bene che l'inserimento viene attuato in modo oculato, tale da assicurare a tutti gli alunni pari opportunità di crescita e formazione. Spesso si è parlato della necessità di "mediatori culturali" oggi non se ne parla più, però le classi di inserimento vanno bene! Quante saranno queste classi? Come saranno formate? Gli alunni saranno aggregati in base ai paesi di provenienza, al colore della pelle? Alla lingua che parlano? All'età anagrafica?

Le scuole dovranno attrezzarsi, in perfetta solitudine, come sempre! Io spero che non lo facciano.

I bambini stranieri sono sempre stati una grande risorsa per la Scuola, non hanno mai impedito agli altri di progredire, anzi spesso si sono mostrati più motivati nell'apprendere dei compagni.

In ogni caso non sarà consentito l'inserimento di studenti stranieri oltre il 31 dicembre...come dire che l'anno nuovo avrà l'opportunità di viaggiare più leggero. Chi è dentro è dentro, gli altri, sempre gli stessi, dovranno attendere! Concordo con Fassino: "regressione culturale".

venerdì 10 ottobre 2008

Parla con me!

.
Parla con me!

Lunedì, ore 8: dopo il consueto tramestio, iniziato con una buona ora d'anticipo, sono tutti fuori.
I figli diretti a scuola, il marito al lavoro.
Lei è sola, immersa nel silenzio dell'assenza, circondata dai relitti di una battaglia che si rinnova ogni giorno, macerie, caduti e feriti da raccogliere o curare.
In previsione di nuovi scontri il campo deve essere sgombro, ovvio.
Il problema è da dove cominciare. Qualcuno tornerà per il pranzo, qualche altro non si sa, il marito forse per la cena...tutti comunque si aspettano ordine e conforto, nuovi assetti da sconvolgere e distruggere, non per il piacere di farlo, solo per essere pronti a ciò che li attende fuori, dove la vita, quella vera, li porterà a collezionare piccole vittorie e grandi sconfitte.
Chissà perché le sconfitte hanno sempre più peso delle vittorie, sarà che a vincere ci si abitua.
Il cucciolo dorme, esausto e dimentico; a tempo debito si mostrerà per chiedere scodinzolante:- Che si fa? Vale a dire, quando usciamo?
Beata innocenza! Lui chiede senza parole...e apprezza ogni volta il poco che ottiene con gioia e gratitudine, come fosse un regalo!
Il silenzio però diventa opprimente, dopo l'ultimo frettoloso saluto raccolto dalla porta che si chiude, con lo scatto definitivo.
Punto e a capo!
Lei deve ricominciare, e accende il televisore, a caccia di un telegiornale superstite ( un modo come l'altro per avere la vita sotto controllo?), a volte lo acciuffa con soddisfazione, più spesso lo manca di un soffio.
Però non spegne l'apparecchio, gli toglie solo la voce.
Ad un tratto vede, di sfuggita, un tizio che gesticola e parla. Chi sarà? Sembra un tipo interessante, pensa che magari blateri di fesserie, continua la sua opera di "risanamento del territorio" con solo qualche occhiata di straforo.
Il tizio è sempre lì, ed è solo, niente vallette che scodinzolano, e neppure contorno di pentole e ortaggi.
Poi sente chiamare...il suo nome! Da una voce sconosciuta che è lì, da qualche parte.
Si sente mancare...l'attacco di panico si preannuncia con la consueta vertigine: qualcosa non va, assolutamente.
Il cucciolo le si aggrappa alle gambe, è spaventato e le impedisce il cammino.
La voce, più suadente, di nuovo la chiama, e sì che lei non ha un nome comune!
E' il tizio del televisore.Ha riacquistato la voce.
- Ciao! Non te l'aspettavi, vero?
- No! Risponde con gli occhi che premono per schizzare fuori. Il cervello è fuori servizio.
- Sono qui per parlare con te...coraggio!
La voce le arriva ovattata, gli occhi che la guardano sono dolci e pazienti...
Lei riprende il controllo e capisce che deve chiamare il marito. Con mani tremanti prende il telefono e scorre frenetica la rubrica alla ricerca del numero che si è dissolto nella sua memoria.ci siamo! Squilla!
- Ciao! Che c'è? Risponde con tono sbrigativo, uno di quelli che ti mostrano in tutta la tua futilità.
- Niente! Non è successo niente! E' solo che mi pareva di non averti salutato...
- Ma dai...mi chiami per questo! Piuttosto non aspettarmi per cena, ciao.
E' senza forze, ma perfettamente lucida. Ora può parlare con il tizio, fosse pure il demonio!
Sul televisore scorrono i titoli di coda di una trasmissione ormai finita, sullo sfondo un viale frondoso che fa da contorno ad una figura che si allontana.
C'è una musica dolce, come un saluto dolente...
Il cucciolo mugola piano, agita incerto la coda...Che si fa? Andiamo?

giovedì 2 ottobre 2008

Poesia di Jolanda Catalano

Non so più distinguere i suoni della gioia.
Mi perseguita il vento tra le fronde
e rami rinsecchiti le parole
vagano al ritmo di mute trasparenze.
E se scalfire i nodi arrotolati
entro parvenze fatue appese a un filo,
volesse significare il mio abbandono,
eccomi pronta al salto senza fine
per nuovi ritmi da cogliere e baciare.
Ma tumultuoso il vento trasferisce
dall'anima al reale le parole
e l'arsura del male le divora
oppure le fiacca a volte ancora mute.
Silenziose ritornano nel grembo
confuse al pianto che non sa lenire
ferite aperte e mai rimarginate
in questo spazio breve che percuote.

da " La tela di Penelope" Rhegium Julii 2000

Un grazie di cuore alla poetessa-amica che mi ha fatto dono della sua creatura.
Voglio condividere con voi questo splendido regalo, è qualcosa da maneggiare con cura...da osservare con stupore e meraviglia. Le parole scompaiono e diventano Emozioni che avvolgono e trascinano l'animo lungo sentieri spesso solo dimenticati...

A chi vuole godere della lirica di Jolanda Catalano suggerisco la raccolta "Io sono l'incompiuta" sul sito: www.rebstein.wordpress.com

domenica 28 settembre 2008

La strage degli innocenti

Sono arrabbiata con il governo cinese. Ho boicottato a suo tempo le Olimpiadi di Pechino nell'unico modo consentito, non guardando la tv. Ora arriva dalla Cina l'ultimo scandalo/crimine: il latte in polvere arricchito da "melamina", un prodotto sintetico Killer che ha già causato oltre 60.000 vittime tra i neonati cinesi e non solo, visto che il latte è stato esportato in altri paesi dell'Asia, dell'Africa e presumibilmente in Europa.
Quale valore ha in Cina la vita umana? Nessuno! Non c'è pietà nemmeno per i piccoli, i più indifesi.
Nel 2007, il 10 luglio, fu eseguita la condanna a morte di Zheng Xiaoyou, l'ex capo dell'agenzia governativa per i controlli igienico-sanitari, reo di aver intascato tangenti per aver dato via libera a cibi e medicinali contraffatti. Questa volta chi sarà giustiziato per mostrare al mondo l'immagine di una Cina efficiente che non fa sconti a nessuno?
Io non me la bevo...sono contro la pena di morte, sono contro un paese che se la cava scaricando responsabilità e colpe su singoli individui.
E' ora che i paesi cosiddetti "civili" prendano una posizione nei confronti di un partner commerciale che non rispetta nessuna regola. Mi aspetto il bando dei prodotti cinesi :alimentari e non, mi aspetto che i piccoli cinesi riacquistino il loro diritto alla vita, che possano giocare con giocattoli colorati, ma sicuri, che possano camminare con scarpette prive di sostanze tossiche (notizia dell'ultima ora!).
Io boicotterò la Cina e i suoi partners commerciali (compreso il mio paese) semplicemente non acquistando alcun prodotto cinese! E' poca cosa ma più della Logica del mercato mi sta a cuore la Salute di ogni essere umano.

venerdì 19 settembre 2008

Carlo Marongiu ci ha lasciati...

Carlo Marongiu , ammalato di sla, è deceduto il giorno 17 settembre u.s. nel reparto di rianimazione dell'ospedale San Martino di Oristano.
Avevo avuto notizie di Carlo da una cara amica solo pochi giorni fa, la mia amica mi aveva consigliato la lettura del libro "Pensieri di uno spaventapasseri", dettato da Carlo alla moglie Mirella con il solo movimento degli occhi, con immane fatica.
Carlo si era ammalato nel 1997, data d'inizio del suo calvario che Lui ha percorso con incrollabile Fede e con il sostegno incessante della sua famiglia, dei suoi amici, della popolazione di Narbolia, il paese in cui viveva.
In un passo del libro Carlo dice: " La speranza non deve mai mancare nell'animo del malato e quando si affievolisce bisogna chiedere aiuto perchè il Signore la ravvivi. Non mi piace quando mi dicono che sono una persona speciale o un dono di Dio, tutti lo siamo".
Voglio ricordare queste parole...voglio ricordare la vita di Carlo fatta di sofferenza, ma anche di umiltà e di un grande amore per i più sfortunati, e soprattutto di grande Speranza e straordinario amore per la vita.
Carlo diceva di non essere una persona "speciale", io credo che lo sia stata!
Così come credo che tutti possiamo essere un "dono"di Dio, Carlo ce l'ha testimoniato!
A Mirella, ai figli, a tutti gli amici di Carlo un forte abbraccio, da un'amica che non ha fatto in tempo a manifestare la sua vicinanza.
A Carlo, ora immerso nell'Amore Infinito di Dio, un Grazie dal profondo del cuore!

giovedì 18 settembre 2008

Gridare senza voce

Alcuni hanno ancora la loro voce, molti la stanno perdendo...altri l'hanno già persa!
Sono i malati di SLA (Slerosi Laterale Amiotrofica) una patologia dall'esordio silente, subdolo, che simula altre patologie, finchè non si manifesta in modo inequivocabile: perdi l'uso delle braccia, delle gambe, non mastichi più i cibi perchè non riesci a inghiottire, infine il respiro ti diventa affannoso e non parli più.
La sla ti rende prigioniero del tuo stesso stesso corpo, solo lo sguardo resta vigile, insieme alla consapevolezza di una fine senza scampo.
Non ci sono cure per la sla! La ricerca non trova fondi sufficienti per accelerare i tempi, ed è proprio di questo che c'è bisogno: di fare in fretta!
La sla determina la perdita irrimediabile dei motoneuroni, e cammina (lei sì), implacabile...inesorabile.
Colpisce le sue vittime a caso, giovani e meno giovani, uomini e donne, senza distinzione di censo, mestiere o professione...rende tutti uguali e impotenti, azzera sogni e speranze.
Tocca a noi allora parlare, anzi "gridare", perchè lo Stato non si arrenda, perchè sostenga in modo adeguato i suoi cittadini a condurre, fino alla fine, una vita dignitosa.
La realtà ci mostra cose che non vorremmo vedere: intere famiglie che soffrono e si distruggono nel tentativo di rendere accettabile la vita al loro caro ammalato di sla, nella solitudine di una battaglia che non si potrà vincere.
Ai malati, alle loro famiglie dobbiamo dare una speranza.
"Un uomo senza speranza è un uomo morto!"
Domenica 21 settembre in 40 piazze italiane l' AISLA (www.aisla.it) sarà presente per far conoscere la sla, per sensibilizzare menti e cuori, per raccogliere fondi da destinare alla ricerca.
Se possibile regaliamoci una domenica diversa.

venerdì 12 settembre 2008

Una STELLA nel firmamento della Scuola

Da un bel pò amici maliziosi mi bersagliano di domande, mi provocano perchè mi esprima, senza reticenze, sui recenti provvedimenti e innovazioni(?) che si sono abbattuti sul pianeta Scuola.
Io prendo tempo, mi barcameno, nel tentativo, disperato, di far finta di non capire dove il nuovo governo vuole andare a parare.
Ora però non me la sento più di continuare a "nicchiare"! Ho speso più di metà della mia vita nella scuola elementare: dal 1964 in poi le "riforme" me le sono godute tutte!
Premetto che mi auguro che la riforma Gelmini non vada in porto, anche per un rispetto del valore semantico delle parole...che significa riformare se non trasformare, adeguare a nuove esigenze, modificare uno stato delle cose o un'istituzione per migliorarli?
Le modifiche previste mi fanno ridere (a denti stretti per la rabbia che cerco di contenere), le giudico patetici tentativi di mettere ordine in un disordine che seppure può esserci nella scuola di secondo grado, non è certamente presente nella scuola elementare.
Se qualcosa non funziona nel nostro sistema scolastico le "colpe"vanno cercate altrove.
Vogliamo parlare del ruolo della famiglia, prima agenzia educativa di ogni individuo?
Vogliamo parlare dell'influenza nefasta dei media che propongono, con abile strategia, modelli di sviluppo non più sostenibili?
I ragazzi sono demotivati e ribelli?
Diamo alla Scuola il compito di rimetterli in riga, magari diamogli un bel 5 in condotta, così imparano!
Qualcuno si è chiesto perchè i giovani vivono con disagio la scuola che richiede loro impegno e sacrificio?
Qualcuno si chiede perchè la delinquenza, anche quella giovanile, è in aumento?
Si potrebbe introdurre la pena capitale per certi reati...il taglio delle mani per chi ruba...la lapidazione per gli adulteri...il confino per chi non è d'accordo con la classe dirigente...
Siamo un paese democratico e progressista e certe misure le aborriamo, ma le domande sul perchè il paese va a rotoli non "vogliamo" farcele: non ci conviene!
Noi rimettiamo il grembiule ai nostri alunni, così a scuola potranno sentirsi tutti uguali!
A prescindere dal fatto che alcune scuole di Milano si stanno già attrezzando con la proposta di divise chic...sarà il grembiule che porterà gli alunni ad instaurare relazioni prive di egoismi e distinzioni?
Potrei continuare...spendo solo poche parole (brutta espressione del linguaggio corrente), circa il reintegro della maestra "unica".
Sono stata unica e poi contitolare, come altri prima di me.
Da maestra "tuttologa", io direi "tuttofare", ho gestito le mie classi con grande soddisfazione, ma anche con sacrificio e fatica, con l'introduzione dei moduli ho continuato il mio lavoro con la consueta passione, ma la fatica è rimasta, soprattutto per le difficoltà connesse alla necessità di coordinare obiettivi e interventi con i colleghi del modulo...questo per dire che il mestiere di docente è duro, comunque.
Allora? Ritengo che il ritorno al maestro unico avrebbe un senso solo se le classi comprendessero un numero ridotto di alunni, solo se ogni alunno "diversamente abile" potesse contare sull'insegnante specialista, in tal caso il bambino usufruirebbe dell'insegnamento individualizzato cui ha diritto.
Oggi le scuole sono provviste di laboratori per numerose attività che rendono la Scuola luogo di crescita globale dell'alunno, grazie alla presenza di docenti con professionalità diversificate...che si fa?
Si demoliscono i laboratori, compresi quelli voluti dal ministro Moratti, e si disperdono al vento i docenti che si sono "formati", a spese dello Stato, per il funzionamento degli stessi?
Non sempre si può tornare indietro...ce lo insegna la vita.
Occorre andare avanti cercando di correggere gli errori, ma partendo dalla realtà e con la coscienza a posto!
La mia coscienza mi dice che la Scuola necessita di personale qualificato e aggiornato (seriamente), necessita di maggiori risorse per le strutture e il personale (ancora sottopagato), necessita di un'autonomia faticosamente avviata e mai raggiunta.
Occorre operare tagli...l'Economia è in affanno...ce lo aspettavamo!
Che si proceda ai tagli, si taglino gli sprechi e le operazione di malaffare...nella scuola mancano gli uni e gli altri!
Un paese si giudica dal funzionamento della Scuola, dall'efficienza del suo Servizio Sanitario, dall'impulso che si dà alla Ricerca, dalla vivibilità dei cittadini in termine di acquisizione di diritti (penso alla casa e al lavoro).
Non ho nulla contro il ministro Gelmini come persona, ma molte perplessità sul suo ruolo di "Stella", qui, oggi, nella nostra galassia!

martedì 9 settembre 2008

La quercia caduta di G.Pascoli

Mi affaccio alla finestra e mi rendo conto che per vedere il cielo devo guardare in alto...dove sennò? Ma non sempre è stato così.
Sono cambiata io ed è un'altra la finestra.
C'è stato un tempo nel quale, affacciandomi, vedevo il cielo e sotto la terra, cioè un ampio spazio recintato, per lo più incolto, al centro del quale svettavano, rigogliosi e superbi, due alberi gemelli ai quali io e il mio compagno avevamo anche dato un nome: Castore e Polluce.
Era il tempo in cui davamo i "nomi" alle cose, e spesso anche alle persone, con quel linguaggio esclusivo che si costruisce nella pretesa di poter vivere in un mondo a parte...Noi, e poi gli altri!
Un giorno la recinzione venne divelta, in modo organizzato e scientifico, il campo rasato e ripulito e i nostri alberi abbattuti, senza pietà.
Fu un grande dolore...i rami giacevano a terra con le foglie ancora verdi, i tronchi ridotti a catasta informe in attesa di una pronta rimozione. Si era trattato di un'esecuzione in piena regola!
A lungo ci toccò vedere il triste nuovo spettacolo, ogni tanto qualcuno andava a far provvista di legna e alla fine non ci fu più nulla.
Nel frattempo i "nomi" non li mettevamo già più, usavamo il linguaggio corrente, questo la dice lunga.
Ora dalla finestra vedo un grande complesso residenziale, presto alla base apriranno un supermarket, l'ampio parcheggio per i clienti è già pronto.
Il cielo è decisamente in alto, dov'è giusto che sia.
Stamattina pensando a Castore e Polluce mi è venuta in mente la poesia di Pascoli e mi sono ritrovata a recitarla...(scherzi della memoria?)
A scuola la facevo studiare ai miei alunni che immancabilmente la giudicavano triste, pensavano ai nidi distrutti e al dolore degli uccelli che cercavano invano la loro casa, mentre io, allora, mi sforzavo di stimolare la loro attenzione verso altro...
Volevo che cogliessero il valore degli alberi, l'immensa ricchezza che rappresentano, il loro essere simbolo dell'esistenza umana che dovrebbe compiere il suo ciclo di nascita, crescita e morte, con naturalezza, nel rispetto di una natura amica e pacificata.
Oggi so che il mondo è cambiato, ma ancora mi si stringe il cuore di fronte ad un albero abbattuto!
Ho letto, non ricordo dove, che le poesie sono ali di uccelli che fanno la spola tra terra e cielo e si fermano sugli alberi per riposare.
Credo che valga sempre la pena di cogliere un frullo d'ali...


La quercia caduta

Dov'era l'ombra or sè la quercia spande
morta, nè più coi turbini tenzona.
La gente dice: "Or vedo: era pur grande!"

Pendono qua e là dalla corona
i nidietti della primavera.
Dice la gente: "Or vedo: era pur buona!"

Ognuno loda, ognuno taglia. A sera
ognuno col suo grave fascio va.
Nell'aria, un pianto...d'una capinera

che cerca un nido che non troverà.

G. Pascoli - Primi Poemetti