sabato 28 marzo 2009

Un geranio per Paolina Messina


Quest'anno,sfidando i rigori invernali,il mio geranio rosso è fiorito prima di ogni altra pianta e più volte, guardandolo, il mio pensiero è corso a Paolina Messina.
Una poetessa che ama la natura e le piante che nelle sue liriche diventano simbolo di vita,con sentimenti che sono propri dell'animo umano.
Ai miei lettori dedico,nuovamente, due poesie di una grande donna che ho sempre nel cuore.

Tra frantumi di case

Tra frantumi di case
vaga l’anima mia
In bianche mura di calce
si specchia
Il vecchio geranio
nella giara
mostra le antiche tenaci
radici
Da scale sgretolate
mi giunge
l’odore amaro della ruta.

Scale di casa mia

Questi gradini di pietra
spaccati dal sole e dalla pioggia
nido di lucertole
dove rigogliosa cresce
l’ostinata parietaria
sono lo specchio di morte stagioni
che la memoria devotamente
custodisce come un’immagine sacra
come l’orchidea rara
racchiusa
nella sua ampolla d’acqua.

sabato 21 marzo 2009

Sante- di Piera Maria Chessa


Oggi è il mio compleanno, ma mi riesce difficile festeggiarlo. Mi mancano gli auguri di chi non è più e la "voce" di un fratello che non può farmeli di persona...è a lui che oggi è andato costantemente il mio pensiero,e ad Antonio, altro fratello amato che vive analoga condizione. Li stringo in un unico abbraccio con le parole di una poetessa che esprimono al meglio i sentimenti di amore e vicinanza che ho nel cuore.
Grazie, Piera!

Sante

Su una pagina bianca
le tue chiare parole
mi chiamano, mi parlano,
esprimono opinioni serene,
talvolta lievi dubbi nella fede.

La fatica del vivere ogni giorno,
l’amarezza di non aver certezze.

Ma la fiducia è grande
in un Dio misterioso
che non svela mai prima
i suoi ampi progetti.

Io ti parlo, ti ascolto
e non conosco il tuo volto,
solo una sagoma chiara
dentro una piccola foto.

Ma ti conosco, sia pure poco,
attraverso i pensieri,
i ricordi di ieri,le riflessioni,
i tuoi saldi valori.

Questo sei tu, amico lontano,
ma tendimi la mano,
cercherò di starti vicino
lungo il cammino.

domenica 15 marzo 2009

Senzatetto aggredita e violentata a Firenze



CRONACA. La Polfer arresta un immigrato con regolare permesso di soggiorno
colto sul fatto.
La donna ricoverata in ospedale per alcune fratture
Firenze, senzatetto aggredita
e violentata alla stazione

di Firenze
FIRENZE - Stava dormendo nel suo solito giaciglio improvvisato, dentro la stazione Santa Maria Novella di Firenze, quando è arrivato un uomo che prima l'ha picchiata selvaggiamente, poi l'ha sbattuta a terra e infine l'ha violentata. Vittima dello stupro, avvenuto la notte scorsa intorno alle 3, è una senzatetto di 55 anni. Gli agenti della polizia ferroviaria, avvertiti da un addetto alle pulizie, sono intervenuti mentre la violenza era ancora in corso e hanno arrestando l'aggressore, un immigrato dominicano di 35 anni.

"In tanti anni di servizio non avevo mai visto una scena del genere", ha detto uno dei quattro poliziotti accorsi per fermare lo stupro. Gli agenti hanno descritto l'aggressore come una furia: nonostante i loro richiami, fatti mentre si stavano avvicinando, l'immigrato continuava ad abusare della donna. L'arrestato, 35 anni, è regolare in Italia, incensurato e vive in provincia di Firenze, dove lavora per un'azienda di facchinaggio.

Stanotte, agli agenti non è apparso né ubriaco, né sotto l'effetto di droghe. Per aggredire la donna, ha scavalcato un cancello della stazione, che di notte è chiusa. Quando ha raggiunto la sua vittima, lei ha cercato di divincolarsi ed ha gridato. Le telecamere di sicurezza hanno ripreso il dominicano mentre, a cavalcioni sulla donna, prima di violentarla la colpiva con almeno 30 pugni, dopo averla gettata a terra.

Gli agenti l'hanno trovata seminuda, con il volto tumefatto: l'aggressore le ha spaccato il setto nasale e tre denti. In ospedale le hanno riscontrato un trauma cranio facciale e lesioni multiple. Per guarire le serviranno due mesi.

La vicenda ricorda quanto accaduto nel giugno del 2006, quando un marocchino di 40 anni venne arrestato per aver violentato e picchiato una barbona di 57 anni in zona stazione: l'uomo era da poco uscito dal carcere.

Gli agenti descrivono la vittima come una donna mite, una "vecchia conoscenza" di chi frequenta lo scalo ferroviario, schiva e riservata, che non ha mai dato problemi. Anche per questo a volte le viene permesso di dormire in stazione. Il dominicano, che era ben vestito e che avrebbe un aspetto inoffensivo, invece, non ha risposto alle domande degli agenti.
(14 marzo 2009)
Tutti gli articoli di cronaca
da Repubblica.it

Lungi da me l'idea di fomentare l'odio per lo straniero o l'invocazione delle ronde che si sostituiscono alle forze dell'ordine: solo uno spunto per un'amarissima riflessione. Possibile che gli ultimi (che di più non si può!)debbano accumulare disgrazie e orrori senza fine, nel silenzio più totale?
Mi sento ferita, umiliata, disprezzata come donna e come cittadina.
Cosa sta succedendo? Cosa ci sta succedendo?Forse stiamo "Ballando sotto le stelle" e abbiamo altro per la testa!

venerdì 13 marzo 2009

Il guardiano del Tempo


Dedicato a Fabrizio,che non trova neanche il tempo di...

Il guardiano del Tempo

“Siamo nell’era della comunicazione globale, mai come oggi l’uomo ha avuto a disposizione tanti strumenti per entrare in contatto con i suoi simili, né una così gran varietà di linguaggi. Siete d’accordo? Bene. Allora devo porvi una domanda, perché è così diffusa la convinzione che sia difficile comprendersi?”
Silenzio. Gli studenti guardavano il docente, in attesa, sapevano che sarebbe andato avanti con altre domande e si chiedevano dove sarebbe andato a parare.
Infatti, dopo un attimo: - Alzi la mano chi si sente incompreso!
Una selva di mani alzate…un mare di incomprensione e occhi sbigottiti.
“Oggi parleremo del linguaggio verbale, dell’uso che facciamo delle parole, in particolare parleremo del Tempo”.
Finalmente! La lezione può cominciare…

Il Tempo aveva il suo bel daffare che consisteva essenzialmente nell’esserci, a dispetto d’ogni cosa, uomini, animali, natura, ma anche eventi, catastrofi, guerre…Lui era una specie di osservatore imparziale senza il quale comunque niente poteva accadere. La Storia era affare da uomini che sentivano il bisogno di scervellarsi per collocare le loro vite e le loro identità da qualche parte. A lui ogni cosa era del tutto estranea e indifferente, certo si parlava molto di Lui, spesso con grande superficialità e a sproposito…”al tempo dei nonni…non mi basta il tempo…il tempo oggi fa i capricci…c’è stato un tempo…sprechi il tuo tempo…e così via; tutte baggianate che lo sfioravano, alle quali si era abituato con appena un minimo di fastidio, tant’è che aveva provveduto a porre dinanzi alla sua porta un saggio guardiano, una sorta di segretario deputato a difendere la sua esistenza da interferenze particolarmente ardite.
Il guardiano svolgeva il suo compito con grande responsabilità e una notevole autonomia, d’altronde nessuno lo controllava.
Il suo posto era dinanzi ad una porta chiusa dalla quale non giungeva alcun rumore, cosa accadesse oltre la porta non gli era dato sapere, né sarebbe stato in grado di dire se il Tempo fosse dove avrebbe dovuto essere o da qualche altra parte.
Ascoltava, guardava, osservava e di tanto in tanto riceveva qualcuno, che aveva avuto la sorte di giungere fino a lui in forza di qualche oscura alchimia.
Sceglieva di porre ascolto alla gente in conformità a un suo personalissimo codice: chi era troppo insistente e pressante veniva liquidato senza pietà, chi aveva un atteggiamento umile e disperato e mostrava di riconoscere il suo ruolo godeva di tutta la sua attenzione.
Tutti chiedevano invariabilmente di poter parlare con il Tempo, perché tutti avevano bisogno
che il Tempo, per loro, si dilatasse o si contraesse, a seconda delle loro esigenze…
Una mamma, gravemente ammalata, chiedeva più tempo per essere certa di sistemare bene i suoi bimbi ancora piccini, un giovane soldato lontano dal suo paese chiedeva che il tempo passasse più in fretta per sfuggire all’orrore della guerra…un anziano non ce la faceva più a vivere una vita d’inutile sofferenza…Insomma tutti casi piuttosto urgenti, ma abbastanza comuni.
Il guardiano sapeva che in nessun caso avrebbe potuto disturbare il Tempo, così si limitava a prendere nota…poi rassicurava quelli che erano giunti: -Vedrò di fare quello che posso…al più presto, certo!
I giorni (gli anni? I secoli?) passavano l’uno dopo l’altro, in parte sempre uguali.
Il guardiano, nei rari momenti d’inattività, aveva cominciato a porsi qualche domanda sulla reale utilità delle sue mansioni: - Che ci faccio qui, davanti ad una porta alla quale mi è impedito finanche bussare? E le note, le segnalazioni che raccolgo dal principio dei secoli a che servono?
Dinanzi agli occhi aveva uno sconfinato paesaggio, terrificante per chiunque: ingiustizie, guerre, distruzione, aridità e terribili alluvioni, vita e morte in movimento incessante, come continuo era l’alternarsi della luce e del buio e il mutare delle cose.
Foreste che si appiattivano per diventare terra, montagne emerse dal mare poi erose dal vento, ghiacci sciolti dal sole alla deriva sui mari…e ovunque la vita di esseri grandi e piccoli che si agitavano…per non sparire.
E lui lì, al suo posto a non far niente!
Prese una decisione improvvisa e bussò alla fatidica porta, forse avrebbe perso il lavoro, o avrebbe cessato di esistere, ma non gli importava.
La porta si aprì e lui ne varcò la soglia.
Si dissolse in un Tutto senza fine.

martedì 10 marzo 2009

"Qualcuno da amare" di Madre Teresa di Calcutta



Qualcuno da amare

Signore, quando ho fame,
mandami qualcuno da sfamare.

Quando ho sete,
mandami qualcuno da dissetare.

Quando ho freddo,
mandami qualcuno da scaldare.

Quando sono triste,
mandami qualcuno da consolare.

Quando sono povero,
mandami qualcuno più povero di me.

Quando non ho tempo,
mandami qualcuno da ascoltare.

Quando mi sento incompreso,
mandami qualcuno da abbracciare.

Quando sono scoraggiato,
mandami qualcuno da incoraggiare.

Quando sono umiliato,
mandami qualcuno da lodare.

Quando non mi sento amato,
mandami qualcuno da amare.

domenica 8 marzo 2009

8 marzo: Festa della donna!



Rischio di apparire nostalgica o asservita agli stereotipi consumistici, ma poco m'importa! L'8 marzo è una festa che voglio ricordare, alle donne perchè non sottovalutino il loro potere, agli uomini perchè riflettano su quanto "devono" alle donne... sui loro comportamenti di dipendenza e di paura, di amore/odio per una diversità innegabile con la quale non se la sentono d'integrarsi!
In questo giorno una serena riflessione farebbe bene a tutti, servirebbe a comprendere che la violenza sulle donne è un atto di vigliaccheria estrema: la pretesa di affermare una supremazia con metodi primordiali che avviliscono la vittima, ma prima ancora il carnefice. Il ricorso alla forza, dei muscoli, delle armi, dell'inganno, della negazione ha una sola matrice:la PAURA atavica dell'uomo di non essere in grado di governare la realtà che lo circonda e tantomeno la propria identità.
Pare che le origini della festa non siano legate alla morte delle operaie in una fabbrica andata in fiamme (cfr:Repubblica.it), poco importa...resta l'obbligo per tutti di adoperarsi al fine di comprendere e poi ricordare che ogni essere umano ha diritto alla sua dignità, alla sua libertà di esprimersi e di vivere in conformità alle caratteristiche che gli sono proprie,nel rispetto di una Umanità che rischiamo ogni giorno di perdere.
La mimosa è il mio fiore preferito.

giovedì 5 marzo 2009

Paola di Piera Maria Chessa

Paola - di Piera Maria Chessa

Oggi il pensiero vola lontano
ai primi anni di vita
quando l’idea della morte,
ancora indefinita,
era comunque presente
nella mia mente bambina.

-Morirò oggi?- chiedevo piano
per un piccolo taglio sulla mano.
-Non c’è tempo, stasera- mi rispondevi tu,
cara tata scherzosa,
amica adulta di quegli anni lontani.

Io, fiduciosa ed appagata,
nascondevo la mia morbida mano
tra le tue screpolate,
cercando sicurezza e una certezza
che oggi so non vera.
(da Un ordinato groviglio. ed. il Filo 2008)

La poesia mi ha riportato all’infanzia, a quel mondo bambino che si affidava totalmente agli adulti nella ricerca di risposte a volte inespresse, altre più esplicite.
L’immagine mi appare di una grande tenerezza. La tata “scherzosa” impressa nel ricordo, è viva, presente, insieme alla percezione del contatto di due mani che a dispetto del tempo resteranno unite per sempre.
Mi è venuto spontaneo riflettere sulle paure dei bambini, sulle loro ansie, sull’idea che i bambini di ieri avevano della morte.
Ripenso all’infanzia, quando la morte veniva sperimentata, con il suo carico di dolore e in tutta la sua irrevocabilità, nella perdita di un animaletto caro, un gatto, un uccello, un cagnolino…allora i grandi intervenivano per consolare, lenire, cercando di far comprendere l’incomprensibile dirottando l’attenzione sulle circostanze che avevano determinato l’evento, quasi che la morte, con opportune misure, potesse essere sempre scongiurata, in qualche modo sconfitta.
Ricordo i numerosi “funerali” approntati per i nostri animali, alla fine diventavano una sorta di terapia che ci liberava dal dolore e rendeva ogni perdita più sopportabile.
Le nostre paure erano altre però: la paura del buio, dell’ignoto nascosto nell’oscura soffitta, ma soprattutto la paura di perdere, nel senso di smarrire, i genitori.
Non ci sfiorava l’idea della nostra morte, né quella dei nostri compagni di gioco, pensavamo che la morte un giorno avrebbe riguardato solo qualche vecchissimo parente…un’eventualità remota!
Ricordo il fascino che aveva per noi il corteo funebre che sfilava talvolta sotto le nostre finestre, dagli spiragli delle imposte chiuse ci colpiva la maestosità dei cavalli e il loro incedere solenne…finché non eravamo allontanati e invitati al silenzio.
Dove vanno? Perché la gente è tutta vestita di nero?
Le risposte erano sempre le stesse: il cimitero, il lutto…
La nonna ci conduceva talvolta alla tomba del nonno, il marito morto nel fiore degli anni che l’aveva lasciata vedova con quattro figli.
Ci parlava con grande serenità del suo amore perduto, ma noi capivamo che il ricordo e il dolore erano sempre vivi in lei dalla cura minuziosa con la quale spolverava la lapide annerita dal tempo, pareva quasi che l’accarezzasse…quei gesti ci commuovevano e ci facevano diventare più ciarlieri, con l’intento di distrarla, di riportarla a noi, al presente.
A scuola si parlava di vite perdute nella guerra, i “caduti” erano gloriosi soldati che si erano immolati per la Patria, per la Libertà. Come soffrirne e avvertirne l’assenza?
Oggi si parla di morte più di un tempo, se ne parla in televisione, si trasmettono immagini di guerra, di morte, distruzione, ospedali, malattie, incidenti stradali e sul lavoro…si direbbe che siamo immersi in una cupa realtà ove la vita non trova più il suo spazio.
Quando ho lasciato la scuola, non molto tempo fa, ancora i bambini non temevano la morte, avevano paura dei ladri, degli scippatori, degli stranieri, dei rapimenti, dei drogati, ma soprattutto della “ separazione” dei loro genitori.
La sensazione era che i bambini avessero paura di vivere…

Ringrazio Piera Maria Chessa per aver stimolato in me ricordi e riflessioni.