domenica 8 novembre 2009

Leggerezza di E.B.



Leggerezza

Leggerezza, assolutamente di casa nella famiglia Howard dove tutto era "leggero".
Inge e Olaf si erano conosciuti a scuola e da piccoli amici erano poi diventati giovani sposi che, a parere di tutti e a cose fatte, avevano agito con "leggerezza".
Lui non aveva un lavoro stabile, ma sapeva fare di tutto, lei aveva conservato nell'aspetto e nei modi la sua immagine di bambina con la capacità di sgranare i tondi occhi azzurri dinanzi agli eventi, grandi o piccoli che fossero, tutti ugualmente sorprendenti e, per lo più, fonte di gioia.
- Nessun progetto di vita, solo il desiderio incontenibile di essere insieme, di respirare la stessa aria, di incontrarsi con gli occhi e col cuore senza neanche cercarsi-
Al mattino Olaf usciva con la sua cassetta degli attrezzi e andava...dove? Forse al porto, forse a riparare un tetto oppure a sistemare qualche infisso sconnesso, sarebbe rientrato all'imbrunire con i suoi capelli svolazzanti e con gli occhi ridenti.
Avrebbe trovato la sua donna bambina intenta a costruire piccole case olandesi, simili alla loro, da vendere al mercato con altri piccoli oggetti di legno, decorati con colori leggeri, come lieve era il loro peso e il loro uso.
Sui fornelli era in attesa una cena già pronta, ogni volta diversa, leggera ma sostanziosa, avvolta da oscuri profumi capaci di guidarlo fino a loro anche a occhi chiusi, giacché erano girovaghi come Lui, e tra girovaghi ci si riconosce.
Nacque il primo figlio, con la pelle color latte della mamma e i capelli di soffice seta rosata, lo guardarono entrambi con stupore...decisero insieme che poiché era piccolo e leggero avrebbero usato con lui solo parole dolci e modi gentili.
Inge cominciò a confezionare piccole bambole, prendendo a modello il suo bambino che non urlava come tutti i neonati, che dormiva con guance paffute e piangeva con lacrime dolci e silenziose.
Olaf avvolgeva i suoi attrezzi in panni soffici e al mattino usciva da casa con passi silenti, non senza aver gettato un ultimo sguardo alla sua famiglia dormiente, la Vergine con il Bambino, sapendo che al ritorno avrebbe ritrovato la strada di casa guidato da piccoli trilli di gioia e canti pieni d’amore.
Quando nacque Katie, con leggerezza, era già tutto pronto: la piccola aveva la culla del fratello e per giocare tante piccole bambole-sorelle di cui sembrava essere l'esatta copia, occhi fiordaliso e boccuccia dischiusa, come chi si accinge a dare voce a domande ancora inespresse.
Inge tagliava, cuciva, incollava, riempiva cesti dei suoi piccoli oggetti, ognuno dei quali dedicato ai suoi bambini: un lettino per Unger con tulipani azzurri, una sediolina per Katie con uccelletti dorati..casette un po’ più grandi, bamboline con gonnelline svolazzanti o con pantaloncini di panno... tutti destinati a girare il mondo, a differenza dei suoi piccoli che teneva avvinti a sé con i fili del suo amore e con corde di seta, perché il Vento non li portasse lontano.
Il Vento, un amico col quale aveva sempre giocato, lui le gonfiava le gonne e lo invitava a seguirlo, le scioglieva i capelli rendendola cieca per un po’, giusto il tempo di scoprire che le piccole cose leggere che lei inseguiva non erano più al loro posto, le foglie, le nuvole, un panno sfuggito alla presa della corda...piccoli scherzi di un compagno burlone, che sapeva però diventare esigente.
Come quando si annunciava con sibili continui, persistenti, avvolgendo la sua casa con turbini e oscure minacce, allora lei capiva che doveva temerlo.
Chiudeva le imposte e - con i figli stretti a sé- metteva al sicuro le cose leggere della sua vita perché sapeva che il Vento aveva mani sottili e insinuanti.
Quando una sera di vento Olaf non tornò, Inge capì che il Vento lo aveva portato via.
Prima aveva disperso il profumo della zuppa che bolliva sul fornello, poi il canto delle loro voci che lo chiamavano... Olaf si era perso!
Uscì in cerca del suo uomo, era così leggera che sarebbe finita chissà dove se i figli, già adolescenti, non l'avessero tenuta per mano, se le corde che aveva tessuto per loro non fossero state così resistenti.
Al porto le barche erano tutte distrutte, qualcuna si era salvata, ancora compariva e scompariva all'orizzonte come una bimba in altalena, su e giù...
Infine col calare del vento non si vide più niente, solo un punto lontano.
Inge rimise i piedi a terra. Sapeva che Olaf era stato sull'altalena, e non sarebbe tornato.
Con passo gravato da una sconosciuta pesantezza fece ritorno a casa, tenendo per mano i suoi figli.
Unger al mattino prese ad uscire come suo padre e a rientrare con occhi ridenti, Katie cominciò ad aiutare la mamma a costruire piccole case con i tetti colorati e le imposte chiuse, solo dipinte.
Inge si specializzò in piccole barche, di tutte le dimensioni e tutti i colori, ognuna aveva lo stesso nome: Olaf.
Sarebbero andate, con leggerezza, per ogni dove, come solo le cose "leggere" sanno fare.

5 commenti:

Shiva ha detto...

Mi rendo conto che il testo é un po'lungo e che metterà a dura prova i miei affezionati lettori...confido nella loro tenacia. Un caro saluto. ele

accipicchia ha detto...

Carissima, ti ho lasciato un commento lungo e approfondito, ma non so dove sia andato a finire.
Per ora ti dico solo che questo "racconto" mi è piaciuto molto e mi ha fatto riflettere.
Ritornerò sull'argomento. Ti abbraccio. Piera

Anonimo ha detto...

Mia carissima Ele, tu sai che leggo i racconti a modo mio.
Ti dico dunque che intravedo oltre le righe di questa pagina bella e delicata, un desiderio di oltrepassare il terreno con leggerezza, cullati da un alito di vento e forse anche da un colorato arcobaleno che ci accompagni in quell'oltre misterioso e temibile.
E' così dura e spietata la vita, perchè non sognarare il distacco senza dolori e pene atroci?

ti voglio bene e ti abbraccio
jolanda

Shiva ha detto...

Carissima Piera,forse il tuo commento "lungo e approfondito" si é perso, con leggerezza, nei meandri del web.
Grazie per la visita! Ti abbraccio forte.ele

Shiva ha detto...

Carissima Jole,in effetti forse c'era nel racconto, quando lo scrissi,molto di ciò che tu hai intuito. Oggi l'ho "riesumato" perchè stare con i piedi sul duro terreno del quotidiano mi fa solo soffrire.
Un abbraccio di dolce vento. ele