sabato 3 ottobre 2009

La Maison rouge



Ho ceduto alle insistenze di due carissime amiche, stanche e deluse da una latitanza che rischiava di diventare permanente.
Dedico a Jole e Piera questo scritto, le ringrazio per un affetto che ricambio con gratitudine.

La maison rouge

Dopo aver attraversato una lunga serie di piccoli graziosi paesi, piuttosto simili tra loro, Jeannette decise di fermarsi.
In realtà si fermò a “Le Petit” attirata dal nome suggestivo del paese: Il Piccolo, era proprio ciò che cercava, un luogo che prometteva tempi distesi, per l’esiguità degli spazi, aria libera di circolare secondo il capriccio del tempo, forse perfino rapporti più autentici, più umani.
Lei era in fuga, la grande città che aveva alle spalle l’aveva colmata d’insofferenza, rabbia, delusione, aveva soffocato ogni desiderio del suo cuore, quasi ogni speranza.
Era partita alla ricerca di un luogo ove trascorrere la seconda parte della sua vita, presumibilmente sarebbe stata l’ultima…ma avvertiva chiaramente il dovere di tentare!
La stagione era la sua preferita, un “discreto” Autunno provenzale che recava i segni e i colori dell’estate appena trascorsa… alberi ancora frondosi, con appena un accenno di timidi gialli, in un verde ancora giovane e brillante.
Incalzata da una fame nascosta, entrò nell’unica locanda del paese per scoprire che la gente aveva occhi curiosi, affamati, e un atteggiamento affabile e accogliente, in contrasto con l’apparente indifferenza dell’ambiente circostante.
Il tempo di mangiare una zuppa appetitosa fu sufficiente per conoscere del posto quasi tutto quello che c’era da sapere.
Il paese era pressoché disabitato, solo anziani che aspettavano serenamente la conclusione di una vita appagante, e qualche giovane che ancora si tratteneva, in attesa di “decollare” per la più vicina città.
La locandiera, Francine, le assicurò l’ospitalità per la notte mostrandole, con orgoglio, una piccola stanza al piano superiore che emanava un sottile profumo di lavanda, unito all’aroma dei vecchi mobili tirati a lucido e della biancheria immacolata che ricopriva il letto, un fresco, lindo giaciglio che sembrava essere in paziente attesa.
Fu soggiogata dalla semplicità antica dell’ambiente, dalle tendine, orlate di piccoli fiordalisi, che si muovevano leggere sui vetri lustri della finestra socchiusa, dal catino che un poco discosto aspettava di essere riempito da una panciuta caraffa…
Con un colpo d’occhio registrò ogni cosa, anche due bellissime stampe che sulla parete mostravano un sentiero nel bosco e una veduta dai colori tenui di una lontana marina.
Decise che si sarebbe fermata, per quanto, non lo sapeva.
Trascorse il pomeriggio con Francine che le raccontò la sua triste storia, con la confidenza che si può avere solo con una vecchia amica, oppure con uno sconosciuto incontrato per caso, come avviene talvolta nell’angusto spazio di un treno destinato ad un lungo viaggio.
Seppe così che Francine era vedova, la stanza apparteneva alla sua unica figlia che forse sarebbe tornata per Natale, e forse no.
Si sorprese a parlare di sé, a rivelare la sua fuga e il bisogno di ricominciare la sua vita in un luogo tranquillo, senza legami e senza ansie…sarebbe vissuta della sua pensione, avrebbe acquistato una nuova casa che avrebbe colmato di comode cose fuori moda, ma belle, amiche , e tutte sue, nuove per lei e per la sua memoria.
Fecero un piano… senza accorgersi che discretamente il buio si era insinuato tra loro, dopo aver nascosto fuori tutto il resto.
Le Petit era intorno, sommerso e al sicuro, loro galleggiavano sulla scia di parole che luccicavano dell’entusiasmo per una nuova vita.
L’indomani, insieme, avrebbero cercato una vecchia casa, ce n’era più d’una in vendita a Le Petit, paese benedetto perché sconosciuto e tranquillo!
Jeannette dormì di un sonno profondo, come non le capitava da qualche tempo, al risveglio si sentiva scattante ed emozionata, piena di una forza giovane che credeva perduta per sempre.
Anche Francine sembrava più giovane, ai raggi del sole i suoi capelli ramati avevano riflessi d’oro e i suoi occhi nocciola sembravano nascondere piccoli guizzi di fiamma…
Esplorarono il paese nella prima luce del mattino, la migliore per dipingere, pensò, poi si fermarono dinanzi ad una casa che sembrava più sola delle altre.
Era circondata da un piccolo giardino pieno di fiori, a dispetto delle erbacce che si erano dovute ritirare dopo una pacifica invasione non riuscita.
Le imposte erano sconnesse e screpolate, ma il tetto e il camino sembravano in ordine, in alto poi svettava un galletto- banderuola, baldanzoso e sfacciato nel rivendicare il suo ruolo di sentinella.
Vuoi vederla? Le chiese Francine.
- Certo, mi piacerebbe…
Questione di un attimo. Francine aveva già aperto la porta e le faceva strada, per spalancare poi con movimenti decisi le imposte perché entrassero la Luce e l’Aria, la Vita!
Si ritrovò nella casa dei suoi sogni, si sentì avvolgere in un caldo abbraccio e trasportare di colpo in un altro tempo… un futuro, a lungo tessuto di gioia e di speranza.
Era stata abile Francine. L’aveva condotta esattamente dove avrebbe voluto essere!
Francine parlava:
- Era la mia casa, ma io non potrei più viverci, però a te potrei venderla, se vuoi, così non mi sembrerebbe di averla persa per sempre…
Con gli occhi pieni di lacrime guardò la sua nuova amica che sorrideva con aria soddisfatta, le sembrò per un attimo una pigra gatta rossa dagli occhi verdi, una piccola strega soddisfatta che aveva compiuto il suo incantesimo.
Avrebbe acquistato la casa.
Le imposte, la porta, il recinto li avrebbe dipinti di rosso, del colore del fuoco che ardeva con arroganza nel vecchio camino.
A Le Petit si vide un fumo inatteso, tutti compresero che Francine avrebbe finalmente ritrovato la gioia, quello che la gente non sapeva è che sarebbe nata la Maison Rouge.
Oggi “Le Petit” non figura più sulle carte geografiche, ma c’è un piccolo paese della Provenza che in autunno fiammeggia nel verde, è Maison Rouge, lì tutte le case hanno le imposte dipinte di rosso…

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Carissima amica, hai saputo trasportarmi in un mondo da favola, allontanandomi da questo schermo.
Ora, eccomi qui,di nuovo con i piedi per terra.
Davvero un bel racconto, caldo e coinvolgente.
Pochi tratti per costruire due personalità, entrambe al femminile. Belle le brevi ma dense descrizioni degli ambienti. Ci vorrebbe un'artista per riprodurli sulla tela... ma io ho già presente qualcuno...
Ti abbraccio. Piera

Anonimo ha detto...

Mia carissima Ele,
ma sei proprio sicura di aver scritto questo racconto tempo fa?
Per quanto mi riguarda, e grazie per la dedica, è per me di una attualità incredibile!!! tu sai.
Bello il racconto, bella la casa che descrivi a misura di un vivere il resto dei giorni con l'augurio di quella serenità che hai saputo riportare con la tua scrittura, come dice Piera, da dipingire.

Grazie, carissima amica, ti abbraccio di rosso:-)
jolanda

Shiva ha detto...

Carissima Piera,ho scelto tra i vecchi scritti quanto più rispondente a ciò che ancora vagheggio nel profondo...assai simile ad una fuga da una realtà che mi fa soffrire e mi opprime. Se per un attimo ti sei sentita trasportare in un mondo più sereno ne sono contenta. Ti ringrazio per le care parole. Ti abbraccio forte.ele

Shiva ha detto...

Carissima Jole,sapevo che avresti trovato di attualità il mio testo. Ci sono momenti in cui "il sogno" diventa l'unico modo per non mollare...poi si torna con i piedi a terra, ma quando avremo smesso di sognare e di sperare sarà proprio la fine!
Un abbraccio-di rosso-mi mancava!
Ti aspetto con Piera a Maison Rouge,un luogo del cuore. Ti abbraccio.ele

Anonimo ha detto...

A quando allora l'appuntamento alla Maison Rouge? Ci vestiremo tutte e tre di rosso?
Un abbraccio stretto stretto alle mie care amiche.
Buona notte. Piera

Anonimo ha detto...

Io porterò la torta di mele, ciambelle di patate e 'nzuddha i siminara.
E voi? :-)))))))

vi abbraccio di zucchero
jolanda