giovedì 14 gennaio 2010

Il pozzo di E. Bernardi



Il pozzo

Si approssimava il fatidico fine settimana, quello nel quale era quasi un obbligo organizzare qualcosa.
In ufficio ci si saluta:- Che fai di bello sabato e domenica?
In quel momento sentì tutto il fastidio di dover rispondere a domande di routine, fatte perché si usa farle, visto che in fondo a nessuno interessa sapere quello che farai, allora o t'inventi qualcosa (ed è meglio) o rispondi che non lo sai, ancora non hai deciso, rischiando uno sguardo di malcelata commiserazione.
A casa per lo più c’è sempre qualcuno che ha già in mente qualcosa... e ti aspetta per coinvolgerti, per godere della tua preziosa compagnia, per stabilire quella complicità che dovrebbe annullare la solitudine, la sua.
Quel fine settimana sarebbe stato diverso.
La giovane-bella-fidata-collaboratrice, la fidanzata-innamorata-desiderata, la figlia-affidabile-giudiziosa...avrebbe fatto perdere per un po’ le sue tracce!
Sola! Finalmente sola e libera! Aveva predisposto ogni cosa: un bagaglio leggero per un sopralluogo sulle colline toscane, non per conto dello studio, no, per un progetto che aveva in mente...una specie di sorpresa che avrebbe, forse, fatto al capo, o piuttosto a se stessa.
- Ma vai sola? E Luca, non viene con te?
- No, vado con un'amica dell'università... te la ricordi, no? E la madre si era messa tranquilla.
A Luca aveva detto la stessa cosa. Aveva tenuto duro, di fronte al suo sguardo deluso, prima, e al sorriso che mascherava la stizza, poi.
Ad entrambi aveva mentito, per rimediare aveva promesso di non dimenticare il cellulare.
Una cosa era vera però, la meta rivelata: le colline senesi, era lì che sarebbe andata... con se stessa e il tempo di pensare o non pensare...
Si perse nell'inevitabile traffico, del quale si liberò in fretta per attraversare paesi e paesini che le sembravano avessero l'unico scopo di ricevere chi là era diretto e basta, una strada per chi aveva tempo da perdere, come lei.
Quando arrivò nel verde si sentì rinascere, con gli occhi divenuti più grandi cominciò a godere: gli odori, i colori, i rumori si erano fusi in una splendida sinfonia...interrotta da un cartello, "Monastero delle Ancelle", e svoltò.
Era un vecchio monastero, in buona parte coperto dall'edera, con un portone severo, chiuso, e le inferriate alle finestre.
Davanti, però, s’imponeva una profusione di fiori, cespugli curati di tante specie diverse, nella cornice di giovani alberi carichi di ciliege dai tenui colori.
- Sarà un monastero di clausura?
Bussò disperando di avere una risposta, nel silenzio assoluto sembrava di essere sospesi nel tempo.
Dopo una breve attesa la porta pesante venne aperta e fece capolino una monaca, imponente, con un viso paffuto e gli occhi ridenti...non c'è clausura!
- Sa, sono di passaggio...è così bello qui...mi chiedevo se si può visitare...
- Entri, entri...sono la madre guardiana, è un piacere per noi!
Si ritrovò in un piccolo chiostro con altre piante e fiori, e poi, come chiamate da un muto segnale, scorse una nutrita frotta di suore con occhi gioiosi e sussurri nascosti che si disperse ad un tratto, in silenzio, all'arrivo della badessa, piccola, anziana, ma rapida nei movimenti e dallo sguardo curioso.
Dodici "ancelle del Signore", simili ad apostoli, in attesa.
Come un disciplinato stormo di rondini prima si accodarono, poi si divisero, per consentire alla rondine- madre di fare gli onori di casa.
- Ecco siamo qui, io sono Suor Maddalena, poi c'è Suor Filippa, la nostra guardiana, c'è suor Caterina che cura l'orto...e altri nomi con la specifica:” ognuno ha il suo compito!”
Lei respirava un odore dimenticato di pulito, di essenziale, quello che solo le suore possono ricreare, un ricordo d'infanzia sepolto chissà dove.
Fu invitata a dividere la cena, frugale frutto dei prodotti dell'orto.
Una cena deliziosa, con il gusto di sapori sconosciuti nell'atmosfera accogliente di una nuova convivialità, si poteva parlare, così ognuna delle sorelle ebbe modo di presentarsi, non come persona, lasciando a lei l'intuizione di età e caratteri, ma nella veste di "ancelle", tutte entusiaste delle loro mansioni che evidentemente svolgevano con responsabilità e vera passione...
Suor Margherita preparava infusi e liquori, suor Teresina era specialista di miele e biscotti, suor Camilla si occupava della cucina, suor Scolastica gestiva la biblioteca e le letture, suor Francisca confezionava marmellate e crostate...
Capì di trovarsi in un piccolo mondo autogestito, che si reggeva sulla vendita di squisiti prodotti, conosciuti nella zona e addirittura raccomandati da prestigiose guide turistiche.
A lei chiesero solo:- Vorrebbe fermarsi per la notte? Fra poco farà buio...
Perchè no? Non avrebbe sperato tanto e accettò con gioia.
Suor Serena, profittando del tramonto dorato la condusse nella visita di quel luogo senza tempo, sottovoce le mostrava gli alberi, le erbe, le arnie ronzanti, e poi i locali interni, dove, a dispetto delle grate, la luce permeava ogni cosa, insieme ai profumi, fusi in un perfetto bouquet!
Si accorse che non aveva avuto il tempo di pensare, era così piena di sensazioni che si ritrovò nella stanza che le avevano assegnato senza sapere come vi fosse giunta.
Si guardò intorno: un letto, un crocifisso, una piccola panca sul quale posare il suo bagaglio leggero,e la voce della badessa:- Ho dimenticato di dirle che qui non abbiamo il telefono, doveva avvertire qualcuno?
-No, mi avrebbero chiamato...
E lei: -Le hanno mostrato il pozzo? Sa qui vengono principalmente per quello...!
Il pozzo? Avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma aveva dentro una tale pace che non c'era posto per la curiosità.
D'altronde la suora con passo discreto si era già allontanata .
Pensò:- Domani, prima di ripartire chiederò del pozzo.
Cadde in un sonno profondo, senza sogni nè risvegli.
Al mattino fu raggiunta dal canto lontano delle ancelle, dolce, melodioso, ma pieno di passione.
Si preparò in fretta, per andare, ma dove? Sarebbe rimasta lì, ancora e ancora pur sapendolo impossibile.
Prima di andare via si ricordò del pozzo, chiese di vederlo (tutti andavano lì per quello!), suor Filippa che l'aveva accompagnata all'uscita la guardò con una luce divertita negli occhi: -Anche lei ha creduto alla storia del pozzo?
E' solo un trucco della badessa, dice che serve a ricordarci che c'è sempre, ovunque, qualcosa da scoprire.
Faccia buon viaggio!

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ele carissima,
i tuoi racconti riescono a dare un senso di pace e serenità. grazie anche per questo.
E' vero, c'è sempre qualcosa da scprire, qualcosa che ci attende e forse non sempre ce ne rendiamo conto. Qualcosa che spesso non è fuori di noi ma dentro le maglie ingarbugliate della nostra anima, maglie che chiedono di essere districate.
ti abbraccio di bene
jolanda

Shiva ha detto...

Carissima Jole,hai perfettamente ragione, l'immagine del pozzo in genere si riferisce a quanto di nascosto é nell'animo umano...quell'abisso profondo che spesso non osiamo scrutare.
Ti abbraccio con i versi di Emily Dickinson:
"Dove ondeggiano lievi le navi
di porpora, su mari di narcisi,
marinai fantastici si mescolano:
poi il molo non é che silenzio."
ele.

Anonimo ha detto...

Che bello! Non l'avevo ancora letto ma già da un po' mi riproponevo di farlo. Una storia intrigante fino alla fine, il desiderio, il bisogno di trovare un luogo, vero o inventato, che permetta di ritrovare se stessi, quell'equilibrio un po' smarrito. Una lettura piacevolissima che mi ha trasmesso un senso di pace, di calma. Superfluo dire quanto ne abbiamo bisogno.
Un abbraccio forte e collettivo a te e a Jolanda. Piera

Shiva ha detto...

Carissima Piera, ti ringrazio delle belle parole.Mai come in questo momento avrei proprio bisogno di trovare un luogo tranquillo!Troppi problemi dentro e fuori di me.Come pacificare"ragione e sentimento"in perenne conflitto?
Ti abbraccio. A presto.ele