domenica 2 novembre 2008

Mediazione impossibile?

Da Repubblica.it un articolo di Daniele Mastrogiacomo che parla di Morte, di un Massacro che è in atto lontano da noi, in Africa, il continente nero del quale ci ricordiamo solo quando si parla di clandestini, vu cumprà, e lavoratori in nero.
Nel giorno della Ricorrenza dei defunti chiunque ricorda i suoi cari scomparsi con il dolore, mai sopito, di una perdita che solo il tempo in parte lenisce.
I nostri defunti continuano a vivere nella nostra memoria, nella nostra vita di ogni giorno, anche e soprattutto quando ci dibattiamo in mille difficoltà.
Ma oggi il ricordo è più pressante, l'assenza più tangibile!
Voglio dedicare questo post ad altri morti: donne, uomini, bambini lontani dei quali non si sa neanche il nome, solo il colore della pelle...nero, come il colore della Paura, della Morte, del Lutto.
In India il colore del lutto è il bianco, il colore della Luce senza la quale persino il sangue sarebbe indistinguibile da una pozza d'inchiostro!
Oggi voglio vestirmi di bianco, a lutto per un massacro in atto del quale si parla poco e con fastidio. Quando riusciremo a capire che la Vita di ogni essere umano ci appartiene? Che ogni attentato alla vita ci riguarda?


Missione di Kouchner e Miliband: il ministro degli Esteri francese"In atto un massacro mai visto in Africa"
Congo in fiamme, morti e saccheggi nell'assedio di Goma

DAL NOSTRO INVIATO DANIELE MASTROGIACOMO

Un campo profughi alle porte di GomaNAIROBI - Assaltati, saccheggiati, dati alle fiamme. Con la gente, in massa, in preda al panico, che afferra quello che può e fugge dai villaggi. Verso nord, verso est, verso la salvezza, le frontiere dell'Uganda e del Ruanda. Dietro, a pochi chilometri, si lasciano l'inferno, le capanne bruciate, le case in terra sbriciolate dai colpi di fucili, i sentieri ridotti ad un pantano dalla pioggia che arriva ad ondate dal cielo e trasforma i crateri provocati dagli obici dell'artiglieria in enormi pozzanghere. Il Nord-Kivu adesso è in fiamme. Nonostante la tregua unilateriale annunciata dai ribelli del generale Laurent Nkunda, gli scontri con l'esercito congolese sono ripresi. Goma, la città più importante della regione, mezzo milione di abitanti anche ieri appariva deserta. Chi non è riuscito o non ha potuto fuggire, resta tappato in casa. Ascolta le notizie alla radio, si affaccia dalle finestre. Tenta di capire cosa accade più a nord, verso i villaggi di Rutsthuru, Dumez, Nyongera, Kasasa, Kidati. Le notizie che arrivano attraverso i fuggiaschi, riempiono di orrore e di paura. I soldati dell'esercito congolese si sono accaniti sulla popolazione che non è riuscita a fuggire. Sono entrati nei villaggi, hanno saccheggiato tutto quello che trovavano, hanno sparato, ucciso, mutilato, violentato. E poi, anche per nascondere le prove di una violenza che si ripete, ossessivamente, da almeno due mesi, hanno appiccato il fuoco e distrutto tutto. Voci, testimonianze agghiaccianti. Difficili da verificare. Gran parte del territorio del nord del Kivu è al centro di una battaglia che non ha fronti. I ribelli di Nkunda hanno sferrato l'attacco finale per la conquista di Goma: una conquista simbolica ma strategica in questa guerra dimenticata dal mondo. Prendere Goma significa chiudere un cerchio attorno ai drappelli di soldati congolesi dislocati in un raggio di 50 chilometri. I soldati lo sanno. Si spostano veloci, ripiegando e avanzando sui sentieri ricavati in mezzo alla foresta.
Il fronte del conflitto muta di giorno in giorno e chi si trova in mezzo, schiacciato da milizie demotivate e senza più disciplina, finisce per pagare il prezzo più alto. E' successo a Rutshuru, villaggio di 2000 abitanti. Qui sorgeva uno dei più grandi campi per rifugiati. I ribelli hanno ordinato a tutti di uscire, gli uomini divisi dalle donne. Si sono fatti consegnare cibo, vestiti, attrezzi, animali. Poi è scoppiato l'inferno. Qualcuno forse si è ribellato, altri hanno resistito. Contadini, gente indifesa, aggrappati alla disperazione e alla dignità. Hanno iniziato a sparare, a colpire con i machete, a mutilare, a violentare le donne. Tra pianti, urla, gente che fuggiva nella foresta, correndo tra i campi sventrati dai colpi di mortaio, dati alle fiamme. La maggioranza è riuscita a scappare, terrorizzata. Verso sud, verso Goma. Ma il campo è stato completamente distrutto dal fuoco. La strategia è chiara: distruggere tutto per creare il deserto. Impedire alla gente di tornare, creare zone cuscinetto di difesa per rallentare l'avanzata dei ribelli del generale Nkunda. Si stima che almeno 50 mila persone siano fuggite dal campo profughi dati alle fiamme. Ma altri duecento, forse trecentomila fuggiaschi vagano senza una meta. Un dramma che coinvolge almeno un milione di persone. Le condizioni sanitarie sono allarmanti. Già si parla di un epidemia di colera. La stagione delle piogge, appena iniziata, rende tutto ancora più difficile. Le strade sono impraticabili, la sicurezza è ridotta al minimo, girano drappelli di uomini armati che rubano, saccheggiamo e violentano. La proposta francese di inviare sul posto un contingente europeo è stata accolta con freddezza. Kigali, accusata di appoggiare i ribelli, non ne vuole sentire parlare. Kinshasa attende. Ma ieri i presidenti di Congo e Ruanda, Joseph Kabila e Paul Kagame hanno detto di essere d'accordo a partecipare ad un eventuale summit internazionale sulla crisi del Congo. Dal 2003 ci sono già 17 mila caschi blu dell'Onu ma non sembrano in grado di assolvere il loro compito: affiancano l'esercito congolese ma non assistono più la popolazione civile. Si cerca di ricomporre il filo del dialogo. Tra mille difficoltà. Il ministro degli Esteri francese Kouchner dice "che sta accadendo un massacro mai visto in Africa". E oggi si reca a Goma assieme al collega britannico David Miliband per tentare una mediazione impossibile.
(1 novembre 2008)

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ele cara, vero, quando riusciremo a capire che l'umanità non è altro da noi? troppo chiusi, troppo arrocati nel nostro infruttuoso individualismo, non comprendiamo, a volte, neanche il male del nostro vicino. Bisognerebbe fare un trapianto di anima, cuore e cervello a coloro che sono preposti alla risoluzione di problemi così gravi, ma tu, mi sapresti indicare il chirurgo giusto per tali interventi?

la tua sensibilità merita un abbraccio ancora più forte
jolanda

Anonimo ha detto...

Grazie Jole! Come sempre non mi fai mancare la tua graditissima visita.La tua idea di trapianto multiplo è interessante, ma per l'anima come si fa?
Io continuo a sperare in una svolta...qualcosa che faccia aprire tutti gli occhi che vogliono ostinatamente restare serrati. Un superabbraccio!Ele