giovedì 5 marzo 2009

Paola di Piera Maria Chessa

Paola - di Piera Maria Chessa

Oggi il pensiero vola lontano
ai primi anni di vita
quando l’idea della morte,
ancora indefinita,
era comunque presente
nella mia mente bambina.

-Morirò oggi?- chiedevo piano
per un piccolo taglio sulla mano.
-Non c’è tempo, stasera- mi rispondevi tu,
cara tata scherzosa,
amica adulta di quegli anni lontani.

Io, fiduciosa ed appagata,
nascondevo la mia morbida mano
tra le tue screpolate,
cercando sicurezza e una certezza
che oggi so non vera.
(da Un ordinato groviglio. ed. il Filo 2008)

La poesia mi ha riportato all’infanzia, a quel mondo bambino che si affidava totalmente agli adulti nella ricerca di risposte a volte inespresse, altre più esplicite.
L’immagine mi appare di una grande tenerezza. La tata “scherzosa” impressa nel ricordo, è viva, presente, insieme alla percezione del contatto di due mani che a dispetto del tempo resteranno unite per sempre.
Mi è venuto spontaneo riflettere sulle paure dei bambini, sulle loro ansie, sull’idea che i bambini di ieri avevano della morte.
Ripenso all’infanzia, quando la morte veniva sperimentata, con il suo carico di dolore e in tutta la sua irrevocabilità, nella perdita di un animaletto caro, un gatto, un uccello, un cagnolino…allora i grandi intervenivano per consolare, lenire, cercando di far comprendere l’incomprensibile dirottando l’attenzione sulle circostanze che avevano determinato l’evento, quasi che la morte, con opportune misure, potesse essere sempre scongiurata, in qualche modo sconfitta.
Ricordo i numerosi “funerali” approntati per i nostri animali, alla fine diventavano una sorta di terapia che ci liberava dal dolore e rendeva ogni perdita più sopportabile.
Le nostre paure erano altre però: la paura del buio, dell’ignoto nascosto nell’oscura soffitta, ma soprattutto la paura di perdere, nel senso di smarrire, i genitori.
Non ci sfiorava l’idea della nostra morte, né quella dei nostri compagni di gioco, pensavamo che la morte un giorno avrebbe riguardato solo qualche vecchissimo parente…un’eventualità remota!
Ricordo il fascino che aveva per noi il corteo funebre che sfilava talvolta sotto le nostre finestre, dagli spiragli delle imposte chiuse ci colpiva la maestosità dei cavalli e il loro incedere solenne…finché non eravamo allontanati e invitati al silenzio.
Dove vanno? Perché la gente è tutta vestita di nero?
Le risposte erano sempre le stesse: il cimitero, il lutto…
La nonna ci conduceva talvolta alla tomba del nonno, il marito morto nel fiore degli anni che l’aveva lasciata vedova con quattro figli.
Ci parlava con grande serenità del suo amore perduto, ma noi capivamo che il ricordo e il dolore erano sempre vivi in lei dalla cura minuziosa con la quale spolverava la lapide annerita dal tempo, pareva quasi che l’accarezzasse…quei gesti ci commuovevano e ci facevano diventare più ciarlieri, con l’intento di distrarla, di riportarla a noi, al presente.
A scuola si parlava di vite perdute nella guerra, i “caduti” erano gloriosi soldati che si erano immolati per la Patria, per la Libertà. Come soffrirne e avvertirne l’assenza?
Oggi si parla di morte più di un tempo, se ne parla in televisione, si trasmettono immagini di guerra, di morte, distruzione, ospedali, malattie, incidenti stradali e sul lavoro…si direbbe che siamo immersi in una cupa realtà ove la vita non trova più il suo spazio.
Quando ho lasciato la scuola, non molto tempo fa, ancora i bambini non temevano la morte, avevano paura dei ladri, degli scippatori, degli stranieri, dei rapimenti, dei drogati, ma soprattutto della “ separazione” dei loro genitori.
La sensazione era che i bambini avessero paura di vivere…

Ringrazio Piera Maria Chessa per aver stimolato in me ricordi e riflessioni.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Carissima, l'hai detto e l'hai fatto! Che altro dirti se non ringraziarti con riconoscenza?
Non soltanto per questo testo, che mi è caro, ma per la tua amicizia, per il tuo starmi vicino, per i mille suggerimenti e gli aiuti che mi dai continuamente.
Le tue riflessioni, poi, non possono che essere condivisibili. Le paure dei bambini di ieri solo in parte sono le stesse di quelle di oggi perché, ne sono convinta, i piccoli di oggi conoscono maggiormente l'ansia, forse anche l'angoscia. Nel passato, gli orchi popolavano le fiabe, oggi popolano la vita reale; prima si conosceva da vicino la fame, quella che significava mancanza di nutrimento, oggi si soffre la mancanza di affetti autentici, anche se non sempre, per fortuna. Affetto sostituito da mamma televisione, mamma play station, papà regali in abbondanza. Il tutto per sostituire un calore e una vicinanza veri.
Sono stata troppo dura?
Ti abbraccio forte, con un grandissimo GRAZIE!
Piera

Shiva ha detto...

Carissima Piera,sono commossa dal tuo commento che dimostra in modo evidente la tua-nostra amicizia. La tua attenzione costante e la tua disponibilità al confronto mi è sempre di grande conforto!Penso che fondamentalmente le paure dei piccoli siano "indotte" dagli adulti e di coseguenza possano essere gestite...certo occorre una buona dose di responsabilità. Spesso si pensa che i bambini non vedano e non sentano, sappiamo bene che non è così, io ritengo che siano vere e proprie "spugne", assorbono ogni cosa,per questo necessitano di attezione, ascolto, dialogo, tutte cose che costano più dei regali o delle deleghe che si concedono ai vari mezzi di intrattenimento...Non sei stata troppo dura. Amare "costa",educare è un compito difficile e l'errore può avere effetti devastanti.Un grato abbraccio. Ele.

Anonimo ha detto...

Ele carissima, anzitutto grazie per la bella ed evocativa poesia di Piera. Non si può, dopo averla letta, non andare indietro nel tempo e ricordare come eravamo, quali moti attraversavano la nostra mente e il nostro cuore di bimbi.
Io non ricordo bene se allora fosse più forte la paura della morte o dei morti. Per quanto mi riguarda nella primissima infanzia non capivo bene cosa fosse morire, se non persone che a un certo punto sparivano e non le vedevi più. Ma ricordo bene la paura dei morti forse perchè gli adulti ce li facevano vedere per un ultimo saluto e,tu sai, soprattutto nei piccoli centri, la camera dove era esposta la salma per le preghiere di parenti e amici, era tappezzata di drappi neri e viola,candele accese o piccoli lumi e donne vestite a lutto perchè così si usava e gente che arrivava a tutte le ore. Epoi il funerale con la carrozza e quei poveri cavalli bardati a lutto e,spesso, la banda che suonava musiche da brivido. io i morti non li volevo vedere, così come da adulta,poi, ho sempre rifiutato i vestiti a lutto perchè mi sembravano una tradizione barbara da abolire. In fondo il nero dei vestiti serviva soltanto a far capire agli altri quanto fosse grande il dolore per la perdita. Insomma,da adulta, ho cercato di far valere la mia libertà anche nel dolore.

Credo che fino ai sei otto anni i bambini non possano comprendere il vero significato della morte se non come assenza fisica che di certo fa male e quando viene loro detto che i morti vanno in cielo o in paradiso, non possano ancora capire perchè nel cielo al massimo vedono qualche nuvoletta ma non altro.

Temo che la più grande paura che oggi possano avere i bambini, sia lo smembramento della famiglia, la perdita-assenza senza morte di mezzo, che li fa cadere, a volte, in uno stato d'ansia che,se non si corre ai ripari, potrà avere conseguenze molto gravi per la loro vita.

E poi ci sono infinite altre paure che riguardano il mondo della scuola,dei giochi,dei compagni poco perbene, di adulti anche poco perbene.

Sono stata prolissa ma l'argomento è vasto. Adesso saluto te e Piera con il mio solito fortissimo abbraccio ringraziandoti ancora per queste riflessioni che hai saputo suscitare.

jolanda

Shiva ha detto...

Carissima Jolanda, mi scuso per non aver risposto prima al tuo commento, mi appello al tuo buon cuore...Come sempre i tuoi interventi colgono con immediatezza il senso dei miei post, ma fanno di più, li completano e li arrichiscono con il contributo della tua esperienza offerto con un linguaggio che è poesia anche quando fa a meno dei versi! Grazie a te, carissima amica!
Ti abbraccio forteeeeeee. Ele.