mercoledì 8 luglio 2009

Ode al peschereccio di Neruda



ODE AL PESCHERECCIO
All’improvviso nella notte pura
e stellata
il cuore della barca, le sue arterie,
scattarono,
e occulte
serpentine costruirono
nell’acqua
un castello
di serpenti:
il fuoco distrusse quanto aveva
nelle sue mani
e quando con la sua lingua
toccò
la chioma
della polvere da sparo
scoppiò
come un tuono,
come sconfitta capsula,
l’imbarcazione da pesca.
Quindici
furono i
morti
pescatori,
disseminati
nella
notte fredda.

Mai
ritornarono da questo viaggio.
Né un solo dito di uomo,
né un solo piede nudo.

È poca morte quindici
pescatori
per il terribile
oceano
del Cile,
ma
quei
morti erranti,
espulsi
dal cielo e dalla terra
da tanta solitudine in movimento,
furono
come cenere
inesauribile,
come acque luttuose
che cadevano
sopra
le uve della mia patria,
pioggia,
pioggia
salata,
pioggia divoratrice che colpisce
il cuore del Cile e i suoi garofani.

Molti
sono,
si,
i morti
di terra e di mare,
i poveri
della miniera
ingoiati
dalla scura
marea della terra,
corrosi
dai
solforici
denti
del minerale andino,
e nella
strada,
nella fabbrica,
nel
tristissimo ospedale
dell’abbandono.
Si,
sono
sempre
poveri
i prescelti
dalla morte,
i raccolti in grappolo
dalle mani gelate
della raccoglitrice.

Ma questi
dispersi
in piena, in piena ombra,
con stelle
verso tutte le acque
dell’oceano,
quindici
morti
erranti,
poco
a
poco
integrati
col sale, con l’onda,
con la schiuma,
questi
senza dubbio
furono
quindici
pugnali
conficcati
nel cuore marino
della mia povera
famiglia.

Solamente
possiederanno l’ampia
bara dei acqua scura,
l’unica luce
che veglierà
i loro corpi
sarà
l’eternità
delle stelle,
e mille anni
vedova
vagherà per il cielo
la notte del naufragio,
quella notte.

Ma
dal mare
e dalla terra
torneranno
qualche giorno
i nostri morti.
Torneranno
quando
saremo
veramente
vivi,
quando
l’uomo
si sveglierà
e i popoli
cammineranno,
essi
dispersi, soli, confusi
col fuoco e l’acqua,
essi
triturati, bruciati,
in terra o mare, forse
saranno riuniti
finalmente
nel nostro sangue.
Meschina
sarebbe la vittoria solamente nostra.
Essa è il fiore finale dei caduti.
1956

Questa poesia è dedicata a una scrittrice/poetessa di rara sensibilità, dalla parola che incanta e soggioga per l'innegabile bellezza.
Un omaggio dovuto a Savina Dolores Massa che ci ha donato "Undici" ed.Il Maestrale, un libro che si legge con sofferenza,impregnato di amore per la verità, difficile da dimenticare!

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Ele, Ele, un giorno io e Piera la scriveremo per te un'ode!
Grazie carissima amica per questo Neruda delle odi, grazie per averlo dedicato a Savina che con i suoi Undici merita davvero grande attenzione.

Un abbraccio di luna lontana
jolanda

Shiva ha detto...

Carissima Jole,mi piacerebbe saper scrivere un'ode all'Amicizia perchè la "dedicherei" a te e Piera! Per fortuna mi vengono in soccorso i grandi poeti...così mi arrangio.
Il libro di Savina è davvero meritevole di grande attenzione e diffusione. Vorrei che lo leggessero tutte le persone che stimo per comprendere il valore di un'opera che può risvegliare i sentimenti più profondi di quell'umanità che ci accomuna, al di là di culture diverse, e diverso colore di pelle.
Un abbraccio di Luna e di Sole, entrambi indispensabili al nostro vivere! Ele.

Anonimo ha detto...

Carissima Eleonora, ci hai proposto una poesia bella, drammatica, ricca di umanità, l'umanità dei protagonisti e quella del poeta che ci ha raccontato la loro storia.
Grazie anche delle belle parole non meritate.
Concordo con te senza alcuna esitazione su ciò che dici riguardo a Savina e al suo bel libro che merita veramente di essere letto.
Un abbraccio. Piera

Anonimo ha detto...

Cara Jole, credo che la proposta di Eleonora possa essere presa sul serio! Io ci sto, se mi prometti che sarai indulgente con la "nostra" ode!!!
Un abbraccio anche a te. Piera

Anonimo ha detto...

Ho letto il libro di Savina e le parole sono quelle ...ricerca del vero senza veli e con l'arte di accogliere e lenire.La poesia a lei deicata è bellissima....i morti sono sempre poveri..e vengono mangiati e tanti perchè poca è la carne.Grazie
Tinti

cristina bove ha detto...

un bell'omaggio a Savina. alla sua poesia al suo cuore.

Shiva ha detto...

Grazie a te, Tinti, per la visita molto gradita.
Lieta che ti sia piaciuta la poesia che ho dedicato a Savina. Ciò che dici purtroppo è vero, in ogni occasione a perdere di più sono sempre quelli che hanno di meno...
Ti saluto con affetto. Eleonora.

Shiva ha detto...

Carissima Piera, come non ringraziare te, mia amica fedele che mi incoraggi a stringere i denti e a non demordere anche quando la tentazione è forte? Ti abbraccio sempre. Ele.

Shiva ha detto...

Un caloroso benvenuto alla grande Cristina! Si avverte che sto semplicemente gongolando?
Un affettuoso saluto.Eleonora.

anna ha detto...

grazie a Savina, delicatissima scrittrice, ora conosco anche il tuo spazio
un saluto ed un arrivederci

anna

Shiva ha detto...

Cara Anna,ti ringrazio per la visita, sarai la benvenuta ogni volta che vorrai. Ricambio con un affettuoso saluto. Eleonora.

Anonimo ha detto...

Ho scelto Anonimo di fretta.La prossima volta vedrò di scegliere meglio.Non mi piace l'anonimato.Sono grata a Shiva per aver onorato Savina Dolores Massa ed averle dedicato questa splendida pagina.UNDICI è un romanzo imperdibile a tutti gli uomini e donne di buona volontà.Un consiglio disinteressato? Leggetelo e donatelo.Io l' ho fatto ed è stato CENTRO! Bacio ad Ele-Nora-Eleonora. Marle